Tunisia, le stagioni dei gelsomini
Questo il titolo dell’evento organizzato dal festival Immaginafrica in collaborazione con l’associazione Voci Globali e svoltosi lunedì 14 novembre a Padova, presso il Centro Culturale San Gaetano. L’intero pomeriggio è stato dedicato a discussioni e riflessioni collettive sui recenti eventi che stanno modificando il quadro sociale e politico dell’intera regione sull’altra sponda del Mediterraneo. La proiezione di alcuni documentari (“Laïcité, inch’Allah!” di Nadia El Fani, “I nostri anni migliori” di M. Calore e S. Collizzolli e “#Revolution“, di D. Galati e A. Sinopoli) ha preceduto una tavola rotonda cui hanno partecipato il critico cinematografico Tahar Chikhaoui, lo storico e attivista online Mehdi Tekaya e Fethi Ouesleti, operaio tunisino emigrato protagonista del documentario “I nostri anni migliori”, con il coordinamento del giornalista Gabriele Del Grande.
Variegata la composizione degli interventi alla tavola rotonda, data la diversità delle esperienze di cui si sono fatti testimoni i relatori: Mehdi Tekaya ha fornito una sintetica ricognizione storica della successione di eventi accaduti in Tunisia a partire dal dicembre 2010, mentre Fethi Ouesleti ha raccontato la sua esperienza di migrante, dopo essere stato costretto ad intraprendere la via del Mediterraneo e a scappare dalla sua patria proprio nel momento della liberazione dalla dittatura di Ben Ali; Tahar Chickaoui, residente a Tunisi, ha raccontato la sua esperienza di animatore di un cineforum la cui sede è nei pressi di Piazza 7 Novembre (oggi intitolata a Mohammad Bouazidi) e ha avuto dunque l’opportunità di essere letteralmente travolto dagli eventi.
Oltre ad aver aperto i lavori attraverso un excursus dei fatti tunisini, Mehdi Tekaya ha esposto le sue riflessioni sul tema della “rivoluzione”: nel video sotto pubblicato esprime la sua difficoltà nel concepire un’idea organica delle forze in atto in questo evento così plurale e complesso. Peraltro, secondo Tekaya, per le caratteristiche e l’attuale evoluzione del caso tunisino, non sarebbe corretto parlare di “rivoluzione” quanto piuttosto di “rivolte” – senza che questo ne sminuisca la portata, sebbene una dominante influenza marxista ci porti a pensare il contrario. Ci torna in mente un volumetto recentemente pubblicato (“Tumulti“, di Illuminati-Rispoli), dove la ripresa di intuizioni macchiavelliane porta ad esempio a scrivere: “dove c’è tumulto non c’è mai disordine puro ma produzione positiva di istituzioni”, e ancora “il tumulto segna una conflittualità interminabile, di volta in volta composta e riaperta, ma sempre orientata alla pratica del comune.” Dell’aperta e conflittuale fase costituente in atto, Mehdi Tekaya ha peraltro una visione ottimistica, provocatoriamente più positiva rispetto alle sorti di un’Europa dominata dai modelli mercatistici.
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All’attuale delicata fase politica che segue le elezioni per l’Assemblea Costituente del 23 ottobre scorso è stato in seguito dedicato molto spazio, sia da Tahar Chickaoui che dal pubblico che ha partecipato al dibattito. Tra le questioni affrontate, l’evoluzione dell’attuale processo politico, che culminerà con l’insediamento della Costituente il 22 novembre prossimo, ma soprattutto le incognite sulla formulazione della nuova Costituzione, con particolare riferimento alla laicità dello Stato. L’articolo 1 della Costituzione tunisina recita: “La Tunisia è uno Stato libero, indipendente e sovrano. La sua religione è l’Islam, la sua lingua l’arabo, e il suo regime la Repubblica”. Se applicato alla nazione e non allo Stato, è ciò in cui lo stesso Bourguiba credeva: c’è ora da vedere come il partito islamico vincitore delle elezioni, Ennahda, intenderà rivedere i rapporti tra Religione e Stato. Poiché non c’è democrazia senza libertà, la possibilità per i giovani come Fethi Ouesleti di rientrare nel proprio Paese e poterci vivere dipende anche da tale cruciale questione.
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Per chi fosse interessato, è disponibile una registrazione audio integrale della tavola rotonda a questo indirizzo.