Sud Sudan, corsi di informatica in un villaggio

Pubblichiamo l’esperienza di Paolo Merlo, una dimostrazione che quando gli obiettivi sono condivisi anche i contatti virtuali possono aiutare a realizzarli. In questo caso si tratta di una scuola di informatica in un villaggio del Sud Sudan, realizzata grazie a contatti sul campo e ad “amicizie” intrecciatesi su Facebook.

Ho conosciuto padre Daniele Moschetti, comboniano, ora Provinciale dell’Ordine per il Sud Sudan, lo scorso anno, attraverso Facebook. Un comune “amico vir­tuale” ha suggerito a tutti e due di contattarci: lui lo ha fatto per primo, e non sapendo chi era, prima di dargli la mia “amicizia”, gli ho chiesto chi fosse e cosa facesse… Risposta: “sono un missionario comboniano, sono a Mapuordit e prima sono stato sei anni a Korogocho”, lo “slum” di Nairobi (Kenya) reso fa­moso dagli scritti dell’altro comboniano, padre Alex Zanotelli. Che figura!

Vista la persona, gli proposi di dare alla sua comunità tre mesi di volontariato in base al mio “curriculum” (informatico e amministratore). Detto e fatto: vieni che con la suora delle scuole stiamo preparandoti un sacco di lavori…

Per motivi di lavoro avrei voluto andare da gennaio a marzo 2011, ma il refe­rendum prima e l’indipendenza del Sud Sudan poi, mi obbligarono ad andare da ottobre a dicembre 2010: poco male, così ho anche fatto il Natale al villag­gio!

Il programma di lavoro dello scorso anno fu quello di fare alcuni corsi di infor­matica di base ai ragazzi non scolarizzati, e un corso speciale agli insegnanti della scuola superiore.

Mentre realizzavo quel programma mi ero reso conto che era troppo fine a se stesso, e con padre Daniele capii che lui aveva già in mente qualcosa di più importante: stava ristrutturando il Centro pastorale della Parrocchia, per dare un aiuto agli studenti e alla gioventù di Mapuordit e a quella legata alle scuole locali. Nell’ambito di questo progetto c’erano un’aula di informatica e una biblioteca, ma mancavano ancora i soldi per costruire le mura.

Paolo Merlo durante le lezioni nel villaggio di Mapuordit. Foto gentilmente concessa dall'autore

Prima di rientrare ho promesso a padre Daniele che gli avrei fatto avere il ma­teriale per l’aula, anche se questa non esisteva ancora: avremmo adibito a ciò altri locali, in attesa della costruzione di quelli definitivi; così non avremmo perso tempo e la gioventù di Mapuordit, che si era “scaldata” vedendo alcuni ragazzi imparare ad usare il computer, avrebbe potuto proseguire nella sua crescita tecnologica.

Mentre ero a Mapuordit avevo “sollecitato” tutti gli amici di Facebook ad aiutar­mi in questo progetto e devo dire che nessuno strumento mi ha mai aiutato così efficacemente: veramente tante persone se la sono presa a cuore e mi hanno aiutato. Al ritorno in Italia mi sono associato a ‘Informatici Senza Fron­tiere’, non nuova ad operazioni di questo tipo, in Italia e all’estero, ed ho ot­tenuto il primo aiuto: i sei notebook per la scuola. Altri ne sono arrivati e sono destinati ai futuri progetti analoghi a questo. Sono arrivati anche altri materiali, dal proiettore alle stampanti laser, che sono in viaggio via corriere per il Sud Sudan. E sono anche arrivati un po’ di soldi per attivare la seconda parte di questo progetto, forse quella più importante.

Creare una scuola di informatica nel villaggio era un’idea, come ho detto, che mi frullava in testa già durante i primi corsi, ma parlando in Italia con gli amici che hanno partecipato attivamente alla sua attivazione è venuta un’idea migliore, suggerita anche dalla nascita del nuovo Stato, il 9 luglio scorso.

Cittadino del Sud Sudan, il più giovane Stato africano. Foto gentilmente concessa da Paolo Merlo

L’obiettivo era di non disperdere il lavoro e le energie per evitare che, andando via, tutto rimanesse come prima, magari con i pc inutilizzati. Così ho pensato che potevo fare molto ma molto di più: mi organizzo meglio e faccio un corso a qualcuno che ha già seguito quello di base lo scorso anno, o che ha un minimo di dimestichezza con i computer.

Credo di aver scoperto l’acqua calda… Se io preparo sei ragazzi a fondo, loro potranno, domani, quando io sarò partito, insegnare ad altri ragazzi del villag­gio, a sei per volta, le basi dell’informatica!

L’anno prossimo – ho detto ai primi sei futuri insegnanti – quando verrò a trovar­vi, non starò qui né tre mesi né un mese, ma solo una settimana, per fare una vacanza e conoscere tutti i ragazzi di Mapuordit che avrete “iniziato” all’uso del computer… e devono essere almeno trentasei, sei per ogni insegnante.

Io spero fondamentalmente in due cose. Primo, che almeno uno di loro riesca a trovare un posto di lavoro fra quelli che forse si renderanno disponibili con l’av­viarsi del nuovo Stato. Secondo, che riescano a realizzare un altro progetto, forse troppo ambizioso, ma i progetti non costano nulla: fare una società tra di loro e aprire un piccolo “shop” che dia servizi alla gente di Mapuordit: dalla foto-copiatura dei documenti, alla stampa di foto, alla stampa di volantini o co­municati, e così via…

Mentre in Italia preparavo questa “spedizione” si è aggiunta la richiesta del vescovo di Mbaiki, nella Repubblica Centrafricana, di andare a fare dei corsi di informatica nella sua cittadina.  Con l’appoggio di “Informatici Senza Frontiere”, che è diventato il mio primo partner in questo tipo di operazioni, ho accolto volentieri la richiesta, ma a patto che un corso sia fatto per preparare sei nuovi insegnanti di informatica di base, per aprire la cittadina al suo futuro!

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