Libia: i crimini delle forze di liberazione

Nonostante il Consiglio di transizione libico (Cnt) sembri in grado di completare la liberazione del Paese dall’ex-regime, preoccupano le crescenti divisioni al suo interno – e non si possono trascurare la valutazioni più critiche sul ruolo giocato dalle potenze occidentali.
Massima attenzione va però anche rivolta ai rischi posti dalle crudeltà interetniche e intertribali commesse durante il conflitto: non solo le forze pro-Gheddafi ma anche il Cnt si è macchiato di crimini atroci, le cui conseguenze non possono essere sottovalute -guardando anche all’esito del processo politico avvenuto in un contesto considerato non dissimile quale quello della Somalia.

E’ notizia di ieri (13 settembre) la pubblicazione da parte di Amnesty International di un rapporto sulla Libia intitolato “La battaglia per la Libia: uccisioni, sparizioni e torture”, in cui vengono denunciati crimini di guerra e possibili crimini contro l’umanità commessi sia dai lealisti che dai ribelli. In particolare, Amnesty documenta brutali regolamenti di conti perpetrati dalle forze del Cnt soprattutto nei confronti di cittadini stranieri di origine africana, presenti in Libia come lavoratori migranti e non come combattenti. L’Ong precisa: “Amnesty International ha verificato che le fitte voci secondo le quali le forze di Gheddafi avrebbero fatto uso, a febbraio, di grandi quantità di mercenari subsahariani, erano significativamente esagerate. Tuttavia, il Cnt ha fatto poco per modificare la falsa percezione che i cittadini provenienti dall’Africa sub-sahariana fossero mercenari.”

Se per questi crimini sono responsabili entrambe le parti in conflitto, ci sembra che nel sistema dei media sia del tutto sproporzionata e a senso unico la denuncia delle atrocità commesse dalle forze pro-Gheddafi, ciò che è senz’altro un’impostazione più “facile” al fine di far digerire all’opinione pubblica l’intervento in corso.
Diamo quindi spazio [nostra traduzione] a un accorato appello del politico nigerino Sanoussi Tambary Jackou, il quale chiede giustizia per le atrocità commesse contro gli africani neri residenti in Libia. La lettura dell’appello dà l’idea di quanto diversa possa essera la percezione del caso libico in una prospettiva africana.
(Sul tema suggeriamo anche la lettura di questo articolo.)

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La comunità mondiale, le Nazioni Unite, la Corte Penale Internazionale, l’Unione Africana e tutti i popoli che desiderano la giustizia e il rispetto della persona umana devono sentirsi chiamati in causa per la strage degli africani neri in Libia.

Oggi l’umanità intera, tutte le persone dotate d’intelligenza, tutti gli Stati del mondo e i loro popoli sono venuti a conoscenza dei massacri degli africani neri perpetrati dai ribelli libici venuti da Bengasi e da altre città della Libia. E’ anche possibile che qualcuno dei cosiddetti ribelli sia arrivato dai Paesi arabi dell’Asia o da Paesi europei e americani. I ribelli libici non sono entrati da soli come guerrieri vittoriosi nelle città di Tripoli ed Ez Zauia dove sono stati commessi i massacri.


Sono giovani provenienti dai Paesi dell’Africa nera ad essere stati brutalmente massacrati dai cosiddetti ribelli del CNT. Eppure nessuno si muove, neanche il procuratore della Corte Penale Internazionale, che ha l’abitudine di ergersi contro i capi di Stato africani per molto meno. E’ chiaro che le uccisioni di giovani africani neri che abbiamo visto in televisione sono crimini di guerra, come anche crimini contro l’umanità perpetrati da razzisti nei confronti di povera gente che era andata a lavorare nel loro Paese.

E’ che hanno assassinato dei neri, perché se si fosse trattato di una decina di bianchi, o anche di quattro o cinque, o due, l’intera Europa e gli Stati Uniti avrebbero concertato un insieme di azioni di protesta per reclamare giustizia ed esigere il ricorso alla Corte Penale Internazionale. Quando si tratta di presidenti neri come Charles Taylor o Hissène Habré, o del meticcio arabo-nero del Sudan Omar Hasan Ahmad al-Bashir, il tribunale penale freme di impazienza per interpellare, giudicare e incarcerare.

Qui in Libia vittime di massacri sono dei neri africani, ma neanche i leader dei loro Paesi dicono nulla, nessuno dice niente e tutti banalizzano l’ atroce massacro di centinaia di neri per mano di quegli arabi di Bengasi che vengono definiti combattenti per la democrazia. Se il presidente della Corte internazionale parla delle fosse comuni fatte scavare in Costa d’Avorio dagli uomini di Gbagbo e di Ouattara, allo stesso modo il tribunale non può mancare di indagare sui crimini di guerra e contro l’umanità commessi dai cosidetti ribelli di Bengasi.

Anche i neri sono uomini come gli altri e si deve render loro giustizia, come si fa per tutti gli altri.

http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=r4oOAjCbXUg

Articolo pubblicato sul portale nigerino tamtam.info, ripreso da Caposud che ringraziamo.
Immagini Reuters e del sito web Afrique Monde.

Davide Galati

Nato professionalmente nell'ambito finanziario e dedicatosi in passato all'economia internazionale, coltiva oggi la sua apertura al mondo attraverso i media digitali. Continua a credere nell'Economia della conoscenza come via di uscita dalla crisi. Co-fondatore ed editor della testata nonché presidente dell’omonima A.P.S.

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