Non fa granché notizia, a considerarne l’assenza sulla stampa mainstream, eppure continuano le operazioni di respingimento in mare in totale violazione al principio del “non refoulement“. Solo una settimana fa si è assistito al respingimento collettivo di 104 migranti.
Oggi si può affermare come non si sia trattato di un episodio “casuale”: a rivelarlo sono fonti che partecipano alle operazioni di soccorso in mare e che chiedono di mantenere l’anonimato.
Non solo viene taciuta la notizia, ma anche il fatto che per frenare l’arrivo di tunisini nell’isola di Lampedusa, il Governo starebbe attuando da mesi tali operazioni di respingimento, violando i diritti umani e un principio caposaldo e perno della protezione internazionale dei rifugiati: ovvero il divieto di respingimento dei migranti verso Paesi dove possono subire trattamenti inumani e degradanti.
La prassi seguita è questa: le unità navali della Marina avvistano le barche di migranti dirette a Lampedusa. Le imbarcazioni vengono chiamate “target” in gergo militare. Una volta avvistato il target, l’unità della Marina militare italiana avvisa il comando della Guardia di Finanza preposta al controllo dell’immigrazione irregolare, facendo partire una serie di verifiche riguardanti la rotta, la velocità e le condizioni di navigazione. Quando si ritiene che la barca sia partita dalla Tunisia, viene raggiunta dalle motovedette o dall’unità della Marina militare. I migranti vengono poi imbarcati sulla nave italiana e nuovamente trasbordati su una motovedetta tunisina.
Le fonti anonime rivelano che tali processi rientrano nei cosiddetti “accordi bilaterali” tra Roma e Tunisia. Accordi che conterrebbero di fatto delle violazioni. Ecco perché la Commissione libertà civili dell’Europarlamento si è messa in moto e ha chiesto alla commissaria Ue agli affari interni, Cecilia Malmström di fornire spiegazioni al fine di verificare se in tali attività si prefiguri la violazione delle Convenzioni d Ginevra sui rifugiati.
E se la notizia viene ignorata dalla stampa a diffondere tali questioni sono attivisti, blogger, scrittori o agenzie sociali che da tempo si occupano della materia.
L’identificazione in mare avviene in modo sommario e il respingimento si basa spesso semplicemente sulla valutazione dei tratti somatici dei migranti, come la carnagione. Da questo semplice particolare i militari intuirebbero se si tratta di migranti arabi, somali o subsahariani. Tale valutazione naturalmente non consente di verificare se sulla barca ci sono potenziali richiedenti asilo, visto che la domanda di protezione internazionale è prettamente individuale e legata alla storia personale di chi fa la richiesta.
Una testimonianza legata a quest’aspetto, viene proprio da uno dei migranti respinti il 21 agosto scorso, che giunto a Lampedusa – dopo essersi gettato in mare pur di evitare il rimpatrio ferendosi così a una caviglia – ha dichiarato di essere un Saharawi, quindi un potenziale richiedente asilo.
Questo procedimento di identificazione “sommaria” si scontra fortemente con il Decreto Rimpatri – approvato il 2 Agosto dal Parlamento, secondo cui possono servire fino a 18 mesi per identificare un migrante recluso in un CIE.
Non è la prima volta che l’Italia respinge in mare dei migranti. Nel 2009 questo tipo di operazioni, frutto del patto con l’allora alleato Gheddafi, suscitarono reazioni internazionali di condanna. La differenza tra il passato e oggi, è che ora i respingimenti continuano ad avvenire, ma avvolti da un ovattato silenzio.
Dal primo al 21 agosto, data del primo respingimento di cui si è avuta notizia, sono sbarcate a Lampedusa 4.637 persone provenienti dalla guerra in Libia e 497 dalla Tunisia. Ma queste ultime avrebbero potuto essere molte di più, se non fossero state intercettate in mare e consegnate alle motovedette tunisine.
Sarebbe auspicabile non dover più assistere a simili manovre di gestione dei flussi migratori, ricordando che il divieto di respingere un uomo, in luogo in cui la sua incolumità fisica e psicologica è posta in reale pericolo, rappresenta un dovere non solo per il nostro Paese, ma per l’intera Comunità Internazionale.
Chiudiamo con la cultura messa al servizio della cronaca e della denuncia sociale. Il 5 settembre nell’ambito della 68^ Mostra del Cinema di Venezia, ZaLab presenterà l’anteprima internazionale di Io Sono Li di Andrea Segre. La pellicola è stata selezionata nell’ambito delle “Giornate degli Autori“. E il festival del cinema è anche l’occasione per lanciare “Venezia 2011: il cinema con i migranti”
Un appello di registi, attori, produttori e artisti per il rispetto dei diritti dei migranti e la fine dei respingimenti.
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grande!!!! ^_^
ottimo articolo!
ce ne dovrebbero essere di più di questi articoli!