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Crisi umanitarie ed emergenze ambientali, il ruolo sociale del Web 2.0

Proviamo a ragionare su questo: quanto è sociale il Web 2.0? Quanto l’interazione e lo spazio aperto di applicazioni come wordpress, facebook, google map etc. favoriscono davvero un uso collettivo e per fini comuni della Rete? In realtà spesso l’impressione è quella di un universo infinito oltre le galassie in cui ognuno naviga senza bussola. E soprattutto solo. Esperienze come le crowdmap, le geolocalizzazioni, le piattaforme condivise su progetti specifici sono forse ancora l’eccezione che conferma la regola (soprattutto nel nostro Paese), ma danno il senso e la misura di quanto invece certi software o applicazioni libere possano essere utilizzati non solo per creare rumore di fondo nell’etere ma per fini sociali.

Per quanto si voglia far scivolare l’Africa sempre agli ultimi posti di ogni classifica (tranne quando si parla di guerre civili, instabilità politica, povertà, Aids) è proprio da lì che viene una grande intuizione che ha fatto scuola. Si chiama, per chi ancora non ne avesse sentito parlare, Ushahidi che in lingua Swahili significa testimone. L’idea nasce in Kenya, all’indomani della crisi elettorale seguita alle elezioni del dicembre 2007, come sforzo per fornire informazioni e aggiornamenti sulle violenze in atto (pagina Wikipedia e per saperne di più). Il sistema consisteva nel permettere ai cittadini di diventare fonte di informazioni, attraverso l’uso di Sms. Le informazioni venivano poi verificate e messe in Rete. Un’intuizione che ha permesso, allora e in futuro, di salvare vite umane. Infatti la piattaforma Ushahidi è stata poi utilizzata per varie situazioni di emergenza: dalla guerra del 2008 a Gaza, al terremoto ad Haiti lo scorso anno, al recente tsunami in Giappone.

Qui di seguito un’intervista a Juliana Rotich, co-fondatrice di Ushahidi, da noi realizzata nel corso del recente Festival del Giornalismo Internazionale a Perugia

[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=e-J-VqdjAak[/youtube]

In Italia possiamo cominciare a contare su qualche esempio di uso delle tecnologie 2.0 in modo “sociale”. Questo, è Open Foreste, considerato il primo “esperimento”, a livello non solo italiano ma europeo, che ha utilizzato la piattaforma Ushahidi. Nel caso specifico per la mappatura di aree interessate dagli incendi, gli attori coinvolti nella prevenzione e spegnimento, i mezzi a disposizione e altro ancora. L’iniziativa ha preso vita grazie all’entusiasmo e al lavoro congiunto di due persone che non si sono mai conosciute: Elena Rapisardi che vive in Toscana e Giovanni Lotto, che vive in Sardegna. A dimostrazione del fatto che la comunicazione virtuale, quando ben incanalata, può anche generare buoni frutti e non soltanto parole in libertà. Elena Rapisardi ha tra l’altro tradotto in italiano, insieme ad altri colleghi, la piattaforma Ushahidi.

Va detto che per essere utile, un servizio di questo genere va focalizzato su territori circoscritti e specifici, sia per rendere consapevole e partecipe la popolazione a cui si chiede di fornire aggiornamenti e notizie, sia per garantire l’uso e la stessa utilità di una mappatura delle emergenze, come nel caso di incendi, terremoti o altre calamità naturali.
Come ci spiega Elena Rapisardi, nelle prime ore dopo il terremoto a L’Aquila, in radio (su un canale Rai) si sentivano testimonianze di persone che avevano girato per ore, perché non sapevano dove fossero le aree sicure, ed era difficile recuperare queste informazioni. Un blog interattivo e fornito di varie mappe e geolocalizzazioni, come questo, realizzato dalla Protezione civile locale, anticipa problemi e fornisce le soluzioni per un eventuale momento di emergenza in un’ottica di preparadness.

Ovviamente ce ne sono molte altre di piattaforme, scaricabili senza alcun costo che possono essere utilizzate per connettere cittadini, volontari e istituzioni (Comuni, Protezione civile, Ong, Croce Rossa…) che sono chiamati a intervenire nelle aree e situazioni di crisi. Da InSTEDD a Crowdmap a CrisisCommons. Basta scegliere, avere un po’ di dimestichezza con i tools ma, soprattutto, avere delle idee. Perché, ovviamente, non ci sono solo crisi e disastri da segnalare, si può mappare un territorio anche, perché no, per fornire notizie e indicazioni su scuole, ristoranti, centri ricreativi e molto di più.

Oggi, se non molto in Italia, nel mondo si comincia a fare rete di persone: volontari, esperti di tecnologia, ricercatori, studiosi, che mirano a confrontarsi sulle modalità di utilizzo intelligente di quei mezzi che possono essere a disposizione di tutti per il bene di tutti.

Tra qualche giorno Parigi ospiterà il CrisisCamp 2011 e sarà meta di “creativi” della Rete che porteranno i loro contributi ed esperienze nell’applicazione delle piattaforme condivise: dai disastri naturali alle crisi umanitarie e politiche (vedi gli ultimi eventi in Costa d’Avorio); dall’uso dei social network nelle rivolte in Nord Africa e Medio Oriente alle emergenze ambientali come lo scoppio dei reattori a Fukushima e la massiccia fuoriuscita di petrolio nel Golfo del Messico.
Sicuramente ci sarà qualcosa da imparare.

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