America Latina: buoni propositi per l’anno in corso

[Nota: Articolo dell’attivista colombiano Manuel Rozental *, ripreso dall’ultimo numero della rivista nostra partner Caposud.]

Evo Morales, in un discorso di inizio anno alla nazione ha proclamato [ritirando poi il provvedimento, NdR] un incremento del 73% del costo del gasolio e dell’83% per la benzina. Questo ha scatenato enormi proteste in tutta la nazione, ma le più forti hanno avuto luogo a El Alto e a Cochabamba, le due roccaforti del movimento democratico, in cui si trovano molti dei suoi elettori.

La relazione tra Evo e i democratici, dopo la destituzione di Sanchez de Losada e la guerra dell’acqua e del gas, negli ultimi anni è andata scemando. Evo deve fare ciò che ha promesso: “ascoltare la gente”. Questa è stata l’argomentazione che ha usato per risollevarsi dalle misure economiche antipopolari.

Questo governo ha svelato la sua debolezza: non ha rispettato il suo mandato di ispirazione democratica. La sfida che gli si para dinanzi è di porre rimedio a questa situazione il più presto possibile, rafforzare i movimenti sociali, appoggiare le loro richieste fondamentali, istituire un Ministero degli Interni che ascolti la gente e agisca di conseguenza, e smettere di “prestare orecchio” solo al capitale azionario.

Il Governo boliviano è stato un modello per i regimi progressisti del Paese. Altre nazioni come il Brasile, l’Argentina e persino il Venezuela hanno mantenuto modelli di governo fondati sull’economia estrattiva, con politiche assistenziali finanziate dell’industria estrattiva, e la conseguente dipendenza della politica economica assistenziale dai grandi progetti di estrazione di materie prime.

Il presidente Correa, in Ecuador, ha adottato una strategia di questo tipo nel Paese, attaccando le organizzazioni indigene e perseguendo la privatizzazione neoliberale dell’attività mineraria e dell’acqua. Ed ha usato come pretesto il fallito colpo di stato tentato dalla polizia per intaccare i salari e colpire più duramente le società indigene, a favore della privatizzazione e dell’industria estrattiva.
La Concertación cilena ha perso il potere che deteneva da tempo perché, nell’interesse della sinistra, ha mantenuto e rafforzato i piani d’azione realizzati all’epoca di Pinochet. Lula non ha attuato una riforma agraria, né ha rafforzato il capitale nazionale e industriale, ma ha aperto la nazione al commercio agrario e al combustibile agricolo; ha potenziato le politiche assistenziali che lo hanno reso popolare, determinando l’indebolimento dei movimenti sociali.

All’epoca di Kirchner-Fernandez, in Argentina è stata promossa l’attività mineraria, e la potente Monsanto ha sovvenzionato le monoculture di soia e le politiche assistenziali. Il Paese ha istituito i regimi progressisti attraverso il sistema elettorale, per superare il modello dell’estrattivismo (1) neoliberale e rafforzare i movimenti democratici, che hanno resistito a questa politica. I programmi tuttavia hanno seguito le ben note strategie della destra: pragmatismo della classe dirigente e ciò che ne deriva.

Il passaggio da un regime progressista ad una linea di condotta assistenziale-neoliberale, che mette in discussione la lealtà alla sinistra e agita la paura per la destra fascista (autentica), ha promosso le amministrazioni che agiscono contro i sistemi democratici. A quanto pare, le agitazioni, che mettono in luce queste contraddizioni, sono solo all’inizio.

La destra trae vantaggio dalla crisi, costringendo i Governi a orientarsi a destra e usando le insurrezioni a suo favore. In un modo o nell’altro, riescono a vincere. Con questa consapevolezza i progressisti dovrebbero smettere di governare se tutto quel che riescono a fare è assecondare l’avidità insaziabile degli oppressori. La trasformazione della società deve iniziare dal basso, per poi continuare e progredire, se si vuole evitare che il potere della sinistra continui a cadere nel tranello degli interessi industriali transnazionali, della seduzione del potere e della paura di non stare al passo con la destra. Questo li fa agire contro i “reazionari” e mette in discussione i loro principi, creando personalità democratiche che in realtà agiscono all’interno del sistema, come Bachelet o Lula.

Dinamiche dello stesso tipo hanno coinvolto i movimenti sociali, i mezzi di comunicazione, i partiti politici della sinistra, le associazioni e le ONG progressiste. La cultura è l’unica che ha ricevuto dei vantaggi pratici dal Governo e dalle risorse azionarie, grazie ad un progetto progressista, che genera capitali competitivi a favore della nuova borghesia di sinistra.

Invece di trasformare le strutture, il loro progetto consiste nell’occupare quelle presenti a spese e con il supporto delle masse, che si sono mobilitate in favore di un cambiamento. Queste contraddizioni stanno continuano a ripetersi tanto che la fiducia verso l’ “intellighenzia” si è sgretolata e le crepe sono diventate più evidenti.

La sinistra globale e la solidarietà internazionale verso l’America Latina, chiedendo di appoggiare in linea di principio i Governi progressisti, i partiti, le istituzioni e le figure politiche, piuttosto che criticare la moralità delle posizioni e dei programmi, hanno contribuito a creare una posizione “con noi o contro di noi”, che può solo favorire un’intensificazione delle contraddizioni, mentre viene negata la possibilità di riconoscerle e metterle in discussione.

La legittimità proclamata non può continuare a basare il suo successo sul luogo di provenienza dei capi di Stato, sull’ideologia che emerge dai discorsi, o sul fatto che gli altri siano peggiori, ma dovrebbe rispettare, ascoltare ed essere coerente con le necessità della gente, resistere e creare alternative al modello economico, nonché promuovere la trasformazione, piuttosto che l’accumulazione (basata sull’estrazione, sull’acqua, sull’olio e altre risorse primarie).

I problemi dell’America Latina con i movimenti progressisti interni ed esterni al Governo dipendono dal fatto che le contraddizioni non sono state riconosciute e la gente sta perdendo la pazienza infinita e la moderazione che ha mostrato fino ad ora. La destra non deve e non può tornare al potere. Vincerà se la sinistra non avrà un approccio democratico verso il modello economico e non abbandonerà la sua arroganza. La lettera firmata da Oscar Olivera, che ha ampiamente circolato, è l’esempio attuale più chiaro di questa realtà e di un pericolo giustificato.

I Minga in Colombia, i MST in Brasile e altri movimenti assecondano le stesse dinamiche, e attendono da tempo uno spazio per il dibattito, la riflessione e il rispetto. Mettere a tacere la gente per non far vincere il nemico, non fa altro che spalancargli le porte.

Quelli tra di noi che vogliono che i boliviani continuino la resistenza al capitale, non vogliono altro che i loro argomenti siano approvati e sostenuti da Evo. Se bisogna scegliere, deve prevalere il volere della gente. La stessa cosa accade, o dovrebbe accadere, ovunque. Non è semplice ma è necessario. Mentire a buon fine vuol dire sempre mentire.

Per quest’anno i boliviani continuano ad aspettarsi un cambiamento positivo.

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(1) Per estrattivismo intendiamo l’appropriazione dei beni comuni, in modo diretto o indiretto, per convertirli in mercanzie. Si tratta di una fase differente del modello neoliberale dopo la prima fase fissata sulle privatizzazioni, l’apertura commerciale e finanziaria e la de-regolamentazione del lavoro. Fa parte del processo di finanziarizzazione delle economie, e possiamo sempre considerare l’estrattivismo come un processo più speculativo che produttivo: gli investimenti sono minimi e il ritorno del capitale è veloce, come succede nel sistema finanziario.

Traduzione di Valeria Brucoli.

Manuel Rozental è nato a Calì, la città nota per la salsa e per il suo “cartello della droga” in Colombia. Chirurgo, si batte da anni per la difesa dei diritti umani (diritto alla salute, diritti delle popolazioni indigene) al punto da essere costretto all’esilio in Canada per sfuggire alle minacce di morte. Sono innumerevoli gli enti dove ha prestato servizio e lavorato.

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