Stamattina mi sono svegliato con il grido del mio cellulare, “sono le sette, alzati!”; e qualche minuto più tardi lo stesso telefono è tornato a suonare: un amico voleva dirmi che era stato ricoverato all’ospedale, seguito senza interruzione da un messaggio di Veronica che mi dice di aver perso il cane. Una giornata senza il mio migliore amico, il mio assistente personale, la mia memoria… Un giorno senza il dolce suono della mia suoneria funky o gli sms confortanti degli amici “solo per salutare”, forse potrei provarci, per capire come hanno vissuto i miei antenati. Esistono sicuramente ancora tanti posti sulla terra in cui non si sa che esiste uno strumento chiamato cellulare. Mi chiedo sempre se noi che oggi abbiamo il cellulare viviamo meglio di loro: sicuramente no, perché vivevano in pace. Sì! Una manifestazione della loro inseparabile unicità con tutti; come a volte mi raccontava mio nonno, anche il linguaggio del silenzio aveva un potere, sicuramente non unico ma che poteva cambiare e trasformare la società. Oggi si parla di intercettazioni telefoniche, fughe di dati e documenti con le rivelazioni di Wikileaks.
Trent’anni fa non potevo immaginarmelo; mi ricordo il suono del balafon, dello djembe… e dello xilofono che attraversavano i lunghi sentieri, o la densa foresta equatoriale, per trasmettere messaggi da lontano. Mio zio usciva di casa per carpirlo meglio, mentre l’eco seguiva il vento che lo trasportava attraverso gli orizzonti. “Sabato si terrà la festa del raccolto e il capo del villaggio invita ognuno di noi a fare di questa festa un evento, un successo per tutta la regione”. Era un suono ritmico ben articolato nella sua cadenza, ma solo gli iniziati potevano capirlo; come si riusciva a riconoscere ogni suono e decodificare il messaggio che vi si nascondeva dietro? Dopo, il passaparola manteneva vive le informazioni, e non avevamo bisogno di una rete elettrica, di una ricarica telefonica o di caricare la batteria, e l’evento si faceva alla grande.
Oggi anche il capo del villaggio ha un cellulare, un computer portatile e ovviamente una TV. Senz’altro ha bisogno anche lui di essere informato dei cambiamenti globali; però cosa ne facciamo del patrimonio culturale conservato fino a ieri? Non si suona più il tam-tam che una volta era portatore di un segreto inaccessibile e intaccabile a meno che non si fosse un iniziato. Il mondo è cambiato, le norme non sono più orali e gli strumenti non sono più riservati a chi ha la capacità di usarli e specifici a un piccolo villaggio o paese. È anche vero che secondo Guide informatique per cinquant’anni il nostro telefono non è cambiato. Ma dal momento del suo arrivo il telefono cellulare sta accelerando le vendite, come i debiti, e l’emergere di nuovi standard. Al di là della trasmissione di voce, la sfida oggi consiste nella trasmissione di dati (accesso alle pagine web, collegamenti wireless e PDA), nonché nella trasmissione di video (videotelefonia). Il risultato è una continua accelerazione e, quindi, nuovi standard e tecnologie. Secondo un articolo di France Soir, alla fine del 2008 un francese su cinque non possedeva un telefono. Si tratta però per la maggior parte di anziani, che ne hanno da sempre fatto a meno… C’è però anche un segmento della forza lavoro che ha scelto di rinunciare a questo dispositivo che percepisce come intrusivo e portatore di riduzione in schiavitù.
Non sono capace di dire quanto i miei antenati fossero adeguatamente informati sulle loro attività, però oggi tante cose mi allarmano e alimentano la mia inquietudine. C’è una perdita del patrimonio di conoscenza, nel senso che non vi sono più trasmissioni di virtù culturali dai padri ai figli e, nessuno si preoccupa più di valorizzarle perché tutti vogliono essere moderni; le nostre città sono diventate la spazzatura di questo cambiamento mondiale. La natura che un tempo accompagnava questi suoni all’orizzonte del tramonto sta cambiando: le onde e reti telefoniche hanno preso il posto del vento che portava l’eco ritmica e il folklore dei tam-tam e balafon, che oggi non servono più come mezzo di comunicazione ma solo come strumenti per la musica e per alcuni riti tradizionali. Malgrado questi mezzi abbiamo più che mai problemi di comunicazione, e le persone, le famiglie, gli Stati, tutti sono in conflitto a causa del telefono e dei suoi contenuti. Oggi in questa società che, con o senza cellulare, cambia ogni giorno, dobbiamo preoccuparci e sperare di essere i migliori cittadini del mondo perché solo la speranza ci sorregge nel suo caotico divenire.