“Abbiamo chiamato braccia e sono venute persone”, con questa frase dello scrittore Max Frisch a proposito dell’immigrazione, si è aperto l’incontro “Lettrici viagra online canada pharmacy del mondo. Cosa, dove e quanto leggono tate, colf e badanti”, nell’ambito della Fiera della piccola e best essay writing service reviews media editoria Più libri più liberi, svoltasi a Roma dal 4 all’8 dicembre scorsi.
A partire dalla considerazione che è necessario andare oltre le braccia e conoscere le persone e le loro abitudini culturali, la Provincia di Roma ha promosso un’indagine sulle letture delle lavoratrici domestiche straniere in quella che è la provincia italiana che ne ospita il maggior numero. L’obiettivo è quello di offrire loro nuovi e migliori percorsi di integrazione attraverso i servizi culturali.
L’indagine, di cui sono stati presentati i primi risultati durante l’incontro e che sarà ultimata nella primavera 2011, prende in analisi un campione di 100 donne, rappresentativo dell’oltre un milione di collaboratrici domestiche presenti in Italia. A condurla sono donne immigrate delle associazioni romane No.Di (Nostri Diritti), impegnata per i diritti delle donne straniere in Italia, e Lipa, dove donne balcane realizzano percorsi di integrazione per le donne e le famiglie migranti. Dunque, donne immigrate che intervistano altre donne immigrate.
I primi risultati delineano un quadro che si prospetta sorprendente. Innanzitutto, le lavoratrici domestiche leggono molto: ben il 16% legge più di 20 libri l’anno, un’ottima percentuale di “lettrici forti”, che acquisisce un certo peso in un Paese come l’Italia in cui solo il 45% della popolazione afferma di leggere e il 10,3% delle famiglie non possiede affatto libri in casa (secondo un’indagine Istat 2009). Il dato è significativo anche perché esse svolgono lavori a tempo pieno che lasciano poco spazio alla lettura, eppure leggono, e quasi esclusivamente in italiano. A partire dal primo dizionario o dal compendio di grammatica portato in valigia durante il primo viaggio in Italia, tutte le letture che ne sono seguite sono state nella nostra lingua, per impararla e migliorarla, per sentirsi parte della comunità. Vedono circolare libri nelle case in cui lavorano e ne sono incuriosite; li comprano spesso dalle bancarelle per risparmiare o se li prestano tra di loro, ma non usufruiscono, salvo rare eccezioni, delle biblioteche comunali.
Un dato, quest’ultimo, che trova risposta nel progetto Biblioteche del Mondo, avviato dalla Provincia di Roma e teso a favorire l’integrazione culturale, creando degli spazi sociali comuni per italiani e immigrati. A differenza di Treviso, come ha ricordato Vladimiro Polchi, autore del libro Un giorno senza immigrati, dove sono state tolte le panchine perché non ci si sedessero gli immigrati, nel tentativo di escluderli dagli spazi sociali della città e relegarli esclusivamente ai luoghi di lavoro.
Dall’indagine risulta inoltre che le tate scambiano con gli anziani cui prestano assistenza storie del loro Paese, e raccontano ai bimbi italiani le favole del loro Paese, intrecciando così rapporti umani fortemente connotati dallo scambio interculturale. E a proposito delle favole, Luci Zuvela, presidente di Lipa, ha raccontato di una colf rumena che nell’intervista diceva di voler leggere un libro visto in casa della famiglia per cui lavora, Peter Pan, titolo di cui non aveva mai sentito parlare in quanto bandito in Romania durante la dittatura di Ceaucescu perché centrato sul tema della libertà e del sogno.
Altro dato inaspettato, le lavoratrici domestiche utilizzano la tecnologia per leggere, usando cioè gli e-book, la cui gratuità è un forte incentivo. Un esempio ne è Amelia Anghel, cinquantenne rumena da un anno in Italia come assistente ad un malato di Alzheimer, la quale ha raccontato di essere arrivata in Italia con tutti i suoi e-book in valigia, salvati su un DVD. Di e-book in italiano ce ne sono pochi, e così continua a leggere in formato elettronico nella sua lingua e in cartaceo in italiano. Adesso sta leggendo Mia madre amava il mare di Enzo Siciliano.
Una volta terminata, l’indagine sarà debitamente diffusa e promossa dalla Provincia di Roma, e visti questi primi risultati, il quadro complessivo sarà certamente molto interessante e foriero di una maggiore comprensione di questo universo umano che tanto contribuisce alla società e di cui si sa così poco. Le donne straniere che assistono le famiglie italiane nelle faccende domestiche così come nell’assistenza ad anziani e malati, e nella cura dei bambini, svolgono, come ha ricordato l’assessore D’Elia, un lavoro che va ben oltre l’impiego delle braccia. Entrano nelle pieghe di rapporti familiari molto intimi, per cui è richiesta loro un grande coinvolgimento umano, oltre che competenza. A loro devono molto le donne italiane, e per migliorarne l’integrazione a loro non è solo rivolta ma dovuta un’indagine come questa.
Sorprendente e interessante indagine! Non mi aspettavo certo risultati simili ed è molto incoraggiante sapere che le badanti e colf portano nelle case dove lavorano la buona abitudine della lettura. Non finiremo mai di imparare dai nostri migranti…spesso e volentieri più acculturati di noi italiani.