Lo sviluppo può viaggiare solo in bicicletta
Lentezza, sobrietà, equità, basso impatto ambientale, sostenibilità: sono tutti attributi che si adattano bene alla bicicletta, mezzo di trasporto che si fa simbolo dei modelli alternativi di sviluppo economico o di decrescita, e delle pratiche di modernità conviviale a basso consumo di energia. Come anticipava Ivan Illich, la velocità è un concetto che si può assumere come grandezza speculare – in senso inverso – al grado di equità di un sistema sociale. Ovunque si sia superata una certa soglia critica di velocità nei trasporti emerge il “disegno essenziale della degradazione sociale” e in sostanza dell’iniquità, associata ad un eccessivo dispendio di energia. L’obiettivo dev’essere invece, citando ancora Illich, quello della “maturità tecnologica”, il cui raggiungimento vede due possibili percorsi: per i paesi ricchi, la liberazione dall’opulenza; per i paesi poveri, la liberazione dalla carenza.
Dai tempi di Illich le questioni ambientali non hanno fatto che aggravarsi, e quella che oggi sembra essere una genuina maggiore attenzione ai temi dell’ecologia fa sì che la bicicletta torni protagonista nei tentativi di ricostruzione sociale e liberazione dall’opulenza. Si fa emblema del trasporto intelligente a basso profilo energetico, fino a poter diventare prodotto d’innovazione nel green marketing. Ora però ci interessa di più indagare il ruolo della bicicletta come fattore di liberazione dalla carenza.
Uno tra i tanti possibili esempi è quello di World Bicycle Relief, ONG che utilizza le due ruote come mezzo di empowerment per le comunità sottosviluppate dell’Africa: tra i loro progetti è degno di nota il Progetto Zambia, attraverso il quale si è inteso combattere la diffusione del virus HIV/AIDS attraverso l’introduzione di biciclette speciali, progettate per viaggiare sulle strade africane e con portapacchi capaci di trasportare grosse quantità di materiali. Riportiamo un video di CNN sul progetto e in seguito la traduzione di alcuni stralci dalla loro pagina web.
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=8sVdPGj9I74[/youtube]
In Zambia, la cura sanitaria senza mezzi di trasporto efficaci non è in grado di raggiungere i villaggi delle campagne o le aree più povere delle città. Contro questa situazione, World Bicycle Relief intende fornire 23.000 biciclette a sostegno di una vasta campagna contro l’HIV/AIDS finanziata da USAID e guidata da World Vision International.
Questo programma fornisce ai medici, infermieri ed educatori volontari che operano nelle comunità gli strumenti necessari per poter essere più efficaci nella loro opera. Le biciclette, come semplici mezzi di mobilità sostenibile, possono quadruplicare la capacità dei volontari di raggiungere le persone che necessitano di assistenza, consentendo loro di percorrere maggiori distanze più velocemente, con meno fatica e potendo portare molto più materiale.
Alcuni post fa presentavamo invece Bikejuju, blog di Seattle che si autodefinisce membro della tribù dei ciclisti ed è particolarmente attento al ruolo della bicicletta nello sviluppo del continente africano. Un recente post descrive come il progetto americano Village Bicycle Project e l’analogo inglese Re-Cycle siano riusciti ad inviare mediante diverse spedizioni via container migliaia di biciclette in Ghana (e da poco in Sierra Leone). Ne riportiamo uno stralcio che racconta l’esperienza di un volontario inglese:
Uno dei progetti in Ghana che utilizza biciclette spedite sia da Village Bicycle Project che da Re-Cycle è gestito da un imprenditore sociale indipendente che promuove l’uso delle due ruote di nome Jason Finch, il quale è impegnato presso un villaggio in Ghana per costruire un laboratorio di riparazione biciclette. Jason si è interessato a questo lavoro mentre aiutava Re-Cycle a riempire un container a Londra nel 2007. In qualità di senior project all’università, ha ottenuto un finanziamento per visitare il Ghana e seguire le bici che aveva aiutato a imballare. Lavorando sul campo in Ghana ha trovato una piccola e onesta, ma affaticata, organizzazione no-profit, che lottava presso un villaggio per tenere in buono stato le biciclette. Ci è tornato con la sua compagna Grace e insieme hanno lavorato per costruire un negozio di riparazione biciclette pienamente funzionale subito fuori dal villaggio, collocato in un edificio costruito con due container rigenerati. Sperano di renderlo pienamente operativo prima di ripartire il mese prossimo (nel negozio è attualmente occupato un meccanico ed è perfettamente funzionante, anche se in uno spazio molto piccolo).
Quanto possa essere utile una bicicletta in Africa ce lo descrive anche questo collage di foto scattate dall’amica Antonella Sinopoli durante le sue esperienze africane:
[youtube]http://www.youtube.com/watch?v=J_4y-D1isiw[/youtube]
Per la serie ‘L’arte di arrangiarsi’, in un continente che sfida la scarsità di tecnologia e di beni di consumo con una genuina capacità di innovazione e una straordinaria adattabilità. Altri esempi di come la bicicletta è diventata un mezzo fondamentale per un equo sviluppo dell’Africa si trovano in quest’altro post tradotto da Bernardo tempo fa, ‘Africa: biciclette creative e multiuso per ridurre la poverta’.