“Durante la guerra contro il terrore in Afghanistan e Iraq seguita all’11 settembre, quando alcuni soldati bruciavano o minacciavano di farlo scritti coranici per scatenare la rabbia di prigionieri musulmani e costringerli a reagire in modo da trovare una ragione per picchiarli”.
Il timore che le commemorazioni a ricordo delle vittime dell’11 settembre possa trasformarsi in una giornata di manifestazioni d’odio e violenze è forte. Come è ancora forte negli americani il senso di insicurezza e di paura, almeno a giudicare da quest’ultimo sondaggio (scarica qui il PDF), secondo il quale solo il 48 per cento degli americani ritiene che il Paese sia più sicuro oggi di quanto non lo fosse prima dell’11 settembre 2001. Due anni fa era il 62 per cento a pensarla così.
Non potrebbe essere diversamente se ci sono persone come un tale Terry Jones, pastore di una “chiesa” che proclama, appunto, la violenza e l’odio contro musulmani e gay. Secondo le ultime notizie, il pastore avrebbe rinunciato al rogo del Corano.
Tuttavia, in questi giorni la Rete si è riempita anche di messaggi diversi. Di chi, per esempio, invita a non ascoltare chi continua a spargere odio e ad accendere la miccia del terrorismo.
Perché la responsabilità per costruire un mondo di pace è solo nostra. Di cristiani, musulmani, ebrei, buddisti, induisiti, non credenti.
E, come dice Missy Gluckmann nel suo blog:
“Il comune denominatore dell’11 settembre è che noi tutti siamo umani, soffriamo, amiamo e abbiamo bisogno di pace e unità. Il solo modo di ottenere ciò è attraverso un serio tentativo di dialogo. Punti di vista da estremisti non sono invitati alla festa questa volta.”