"Altare virtuale" per i 72 migranti uccisi ad agosto a Tamaulipas, Messico
All’inizio della sua carriera Alma Guillermoprieto ottenne ampio riconoscimento come giornalista grazie alla sua illuminante inchiesta sul massacro del 1981 a El Mozote, El Salvador, dove circa ottocento contadini vennero uccisi dall’esercito salvadoregno durante la guerra civile. Negli ultimi trent’anni ha poi scritto per The Washington Post, The New Yorker e The New York Review of Books, seguendo tutti, da Fidel Castro Carlos Salinas, ai leader delle Forze Armate Rivoluzionarie colombiane (FARC).
È una narratrice vecchio stampo, una giornalista che sostiene di “vivere poco online”. Tuttavia negli ultimi due mesi, in risposta all’uccisione dei settantadue migranti avvenuta nello Stato messicano di Tamaulipas lo scorso agosto, ha deciso di coordinare un progetto online: 72 Migrantes, “altare virtuale” in ricordo dei migranti massacrati.
Come migliaia prima di loro, queste donne e uomini hanno lasciato le loro case in Ecuador, El Salvador, Guatemala, Honduras e Brasile per andare a lavorare negli Stati Uniti. Ma il loro viaggio è finito in un deposito, a un centinaio di miglia dal confine tra Stati Uniti e Messico, dove settantadue corpi sono stati ritrovati il 23 agosto. Molti di loro sono stati uccisi con un colpo di arma da fuoco alla nuca. Dei quattro riusciti a fuggire, solo uno ha fornito un resoconto del massacro. Trenta delle vittime non sono state ancora identificate.
Dopo la diffusione della notizia del massacro, Alma Guillermoprieto ha contattato Lolita Bosch, editor di Nuestra Aparente Rendición, forum online di artisti e intellettuali nati o attivi in Messico, assai preoccupati per quanto sta accadendo al loro Paese. Tramite il sito e i contatti personali, hanno chiesto diversi di loro di scrivere qualcosa su ciascuna delle vittime. E grazie a Nuestra Mirada, sito per fotogiornalisti latino-americani, sono stati contattati fotografi interessati ai migranti. Nelle settimane successive questo gruppo di scrittori, fotografi e web-designer si è impegnato per il lancio di 72migrantes.com.
“Volevamo creare qualcosa che arrivasse alle famiglie delle vittime”, ha spiegato Guillermoprieto, “e creare un altare per il Giorno dei Morti”.
“Sull’altare, quello vero, ridai un volto alle persone mettendoci una fotografia. Vengono fatti rivivere tramite il ricordo.”
La giornalista sottolinea le differenti caratteristiche di 72 Migrantes, spiegando come ogni parte del sito corrisponda ai diversi momenti di una visita ad un altare “in 3D” (nella vita reale). Nella Commemorazione dei Defunti si visitano gli altari dei propri cari; si canta per i defunti, si lasciano dei fiori e si condivide con loro qualcosa da mangiare.
Su 72 Migrantes, si può ascoltare musica per i defunti, lasciare una rosa (‘dejar una rosa‘), e condividere cibo con i migranti in vita effettuando una donazione (‘donaciones‘). Tali donazioni vengono inviate direttamente a Padre Alejandro Solalinde di Hermanos en el Camino, organizzazione cattolica che offre cibo, riparo e supporto ai migranti e a coloro che, in Messico, vengono rapiti o minacciati dai trafficanti di droga e di persone.
La colonna portante di 72 Migrantes è una collezione di racconti e fotografie, uno per ciascuna delle vittime. Gli autori (tra i quali Jorge Volpi e Juan Villoro) hanno ricostruito le storie dei morti, cercando informazioni sulle loro vite, spesso rivolgendosi ai loro parenti. La maggior parte delle famiglie dei migranti, tuttavia, non se l’è sentita di identificarsi pubblicamente. Molti degli autori, firmandosi con il nome o poco più, hanno scritto racconti a metà tra il necrologio e il tributo. Altri hanno scelto di scrivere le storie dei morti non-identificati immaginandone la vita.
“Le persone che più mi preoccupano”, ha detto Guillermoprieto, “sono quelle che, da questo fatto orribile, sono state private persino del nome”.
“Ancora non ho idea di chi siano i responsabili”, ha poi aggiunto. L’unico testimone ad essersi fatto avanti ha affermato che gli assassini sarebbero membri del cartello degli Zetas, la banda di trafficanti di droga più famosa e violenta del Messico. Guillermoprieto, descrivendo le scene di precedenti massacri, violenti e sanguinari, non sembra però del tutto convinta che quest’atrocità vada attribuita agli Zetas, sostenendo che la naturalezza disinvolta e sobria con cui è avvenuto il massacro di Tamaulipas è piuttosto insolita per l’organizzazione.
Come messicana, Guillemoprieto spiega comunque che il massacro l’ha lasciata con un profondo senso di vergogna, “per il fatto che queste 72 persone siano state uccise da messicani in Messico”. Per tutta risposta, afferma di voler creare qualcosa che rimanga a testimonianza del crimine e in memoria delle vittime. E ha curato così questo luogo virtuale dove la gente del Messico e di tutte le Americhe possa comunque essere al fianco dei defunti e rendere loro omaggio.
(Testo originale ripreso da Global Voices Online, tradotto da Simone Gamba).
davvero un bell’omaggio, interessante!