Il ruolo della cultura nello sviluppo del continente africano

[Traduzione a cura di Benedetta Monti, dall’articolo originale di John O. Kakonge pubblicato su Pambazuka]

Culture Day, Natural Fire 10 - Uganda, Africa. Foto dell'utente Flickr US Army Africa. Licenza CC
Culture Day, Natural Fire 10 – Uganda, Africa. Foto dell’utente Flickr US Army Africa. Licenza CC

Probabilmente esitono tante definizioni diverse di cultura quante sono le culture stesse. Secondo Zimmermann (2015) “la cultura rappresenta le caratteristiche e la conoscenza di un dato gruppo di persone definite dalla lingua, dalla religione, dalla gastronomia, dall’ambiente sociale, dalla musica e dell’arte”. L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO, 2016) ha adottato una definizione di cultura più ampia, affermando che essa rappresenta “quell’insieme complesso che include la conoscenza, le credenze, le arti, l’etica, le leggi, le usanze e qualsiasi altra facoltà e abitudine acquisite dall’essere umano in quanto membro della società”.

Mentre alcuni studiosi affermano che la cultura è strettamente legata allo sviluppo economico, altri dissentono sostenendo che i fattori principali per delineare lo sviluppo economico globale sono costituiti dalle influenze geografiche e climatiche. Tale teoria è supportata nel libro “Guns, Gems and Steel: The Fates of Human Societies” di Jared Diamond (1999), in cui, secondo l’autore, sono stati i fattori geografici e ambientali a dare forma al mondo moderno.

Tutto ciò implica che le evidenti diversità nella storia di popoli diversi in nazioni diverse non derivano dalle differenze innate negli individui ma da quelle ambientali. Tuttavia, ritengo che le eccezioni alla “regola” di Diamond siano troppo numerose per poter accettare il fatto che le risorse naturali e la geografia siano l’unica spiegazione alle diversità di storia e di cultura tra le popolazioni. Prendiamo ad esempio la Russia che è situata alla stessa latitudine dell’Europa settentrionale e del Canada, zone molto ricche, oppure Singapore che si trova quasi all’Equatore e decisamente nella zona tropicale insieme a molte delle nazioni più povere del mondo, oppure la Sierra Leone che giace su uno dei giacimenti di diamanti più grandi del mondo.

Di conseguenza, è difficile ottenere un’unica definizione di cultura, soprattutto per quanto riguarda lo sviluppo, perché si tratta di un concetto troppo “fluido” e dinamico. A prescindere da questo contrasto, ci sono molti esempi di prassi culturali migliori legate allo sviluppo. Un interessante caso studio in merito al ruolo svolto dai valori culturali nello sviluppo è fornito dal Giappone e dalla sua storia di successo economico. Qui la combinazione di valori culturali e prassi commerciali ha trasformato una nazione con un’economia piuttosto arretrata in una delle nazioni più ricche del mondo in meno di un secolo, con la maggioranza dei profitti raggiunti negli ultimi cinquant’anni sulla base di un’aggressiva politica commerciale sulle esportazioni.

Nel periodo successivo alla Seconda guerra mondiale, l’enfasi data al commercio derivava dalla mancanza di risorse naturali per supportare l’industria, in particolare la mancanza di combustibili fossili e di minerali. Inoltre, la quantità limitata di terreni coltivabili ha obbligato il Giappone ad importare la maggior parte dei prodotti per le esigenze alimentari della nazione. I valori al centro dei traguardi raggiunti da questa nazione e della sua rapida ascesa a terza potenza economica mondiale comprendono, a titolo esemplificativo, l’etica lavorativa, un radicato senso di responsabilità di gruppo, la fedeltà verso le aziende, la fiducia interpersonale, i contratti impliciti che vincolano la condotta individuale e l’impegno a educare e investire nella popolazione più giovane.

In qualità di promotori dello sviluppo possiamo trarre insegnamento dall’esempio del Giappone? Un punto è chiaro. Non possiamo prendere una serie di valori culturali da una nazione e impiantarli in un’altra. Il Giappone ha avuto successo perchè la sua economia si basa su valori endogeni. Se invece guardiamo la tendenza dello sviluppo in Africa, siamo quasi obbligati a constatare che mentre possiamo utilizzare molti aspetti della cultura africana in modo positivo riguardo allo sviluppo del continente, altri aspetti di questa cultura ne hanno ritardato il progresso.

Alla luce di quanto appena esposto, questo articolo esamina brevemente alcuni fattori culturali che hanno avuto un’influenza negativa sullo sviluppo economico delle nazioni africane e, successivamente, prende in considerazione alcune risorse culturali e il loro potenziale, come ad esempio la musica, il turismo culturale e il cinema.

Forte etica lavorativa

In Africa esistono molti valori culturali e credenze. Le organizzazioni che hanno successo credono nella competizione e fanno affidamento sul lavoro duro, l’impegno e la fedeltà dei propri dipendenti. È interessante notare che molti dipendenti africani delle maggiori multinazionali hanno lavorato duramente e hanno avuto uno stato di servizio esemplare aiutando a rendere redditizie tali società. Gli esempi utili sono moltissimi, come Lonrho nell’Africa occidentale e le società minerarie in Sud Africa, nella Repubblica Democratica del Congo e in Zambia.

Un esempio tipico è costituito dal caso delle società minerarie straniere in Sud Africa, come la De Beers, che per tradizione reclutavano operai basotho e delle nazioni vicine per lavorare nelle miniere perché erano persone molto affidabili e gran lavoratori. Ironia della sorte, molti di questi operai basotho e di altre nazionalità tornati alle loro case nel 1994, non sono riusciti a trovare lavoro perché non avevano esperienza in settori al di fuori dell’industria mineraria. Molti ex minatori non sono stati in grado di adattarsi e di svolgere gli altri lavori disponibili senza dover aggiornare le proprie competenze.

Nel complesso, ci sono differenze marcate tra l’approccio lavorativo e i valori degli africani che hanno lavorato per le aziende straniere e quelli che invece hanno sempre lavorato in proprio. In particolare gli africani che hanno lavorato per datori di lavoro stranieri hanno imparato la disciplina e l’impegno verso le aziende di cui erano dipendenti e questo li ha aiutati in seguito a gestire aziende proprie. Oltre agli individui che hanno lavorato per le aziende straniere, ci sono anche comunità africane che sono famose per il senso degli affari o per la capacità imprenditoriale con membri versatili e adatti a lavorare nei diversi settori delle loro economie, come ad esempio i Chaga in Tanzania, i Serahule in Gambia, i Fulas in Guinea, nel Mali, nel Niger e nelle altre nazioni vicine, gli Ibos e gli Hausas in Nigeria e i Kikuyu in Kenya.

Nelle zone rurali dell’Africa, Okafor (1974) ha notato che in passato quando doveva essere svolto un lavoro, tutta la comunità si riuniva con gli strumenti musicali e iniziava a cantare e ballare fino alla conclusione di ogni ritornello. In quei giorni, era questa solidarietà ad unire la comunità, ma tale senso di solidarietà si è affievolita negli ultimi decenni.

Fiducia

Secondo i giapponesi, la fiducia interpersonale è un aspetto culturale fondamentale, specialmente nelle grandi società. Se una persona perde tale fiducia, questo costituisce un disonore per tutta la famiglia. Ci sono state occasioni in cui le persone sono state addirittura costrette a suicidarsi. In Africa, a causa della colonizzazione, la maggior parte dei valori culturali è stata indebolita, e questo riguarda soprattutto il concetto di fiducia. In molte nazioni africane le persone non hanno fiducia nei propri governi perché ritengono che non stiano facendo abbastanza per diminuire la disoccupazione e la povertà, o per combattere la corruzione. In Giappone, se un ufficiale del governo viene accusato di corruzione, è obbligato a rassegnare le dimissioni e viene giudicato in tribunale. In Africa non succede, anzi gli ufficiali del governo accusati di corruzione si difendono affermando di essere vittime di una sorta di caccia alle streghe da parte dei propri detrattori.

In Africa il concetto di fiducia a livello aziendale è selettivo. Ad esempio in ambito legale e medico, ci sono alcuni professionisti che condividono le strutture ma tengono una contabilità distinta e separata. Nelle piccole e medie imprese a conduzione familiare spesso accade che, alla morte del capo famiglia, per i componenti della famiglia sia difficile andare d’accordo. In alcuni casi i parenti e i figli iniziano a litigare e avviano cause legali che si protraggono nel tempo.

In generale, in molte società africane prevalgono il sospetto e la diffidenza, particolarmente nelle aree che riguardano l’attività economica, facendo sì che le persone le mantengano all’interno della famiglia piuttosto che cercare partnership più produttive e lungimiranti come indica il modello del successo nei Paesi sviluppati.

Sistema della famiglia allargata

Le società in via di sviluppo non possono permettersi il lusso di avere un sistema di previdenza sociale. Come ha riconosciuto lo stesso Okafor (1974), nelle società africane le persone vengono accolte attraverso il sistema della famiglia allargata. Di conseguenza, se un membro di una famiglia ha successo, gli altri componenti si attendono che questi fornisca il denaro per le tasse scolastiche, l’assistenza medica, il vestiario, l’alloggio e anche per le piccole spese. Sebbene tale sistema abbia dei meriti, incoraggiando la disposizione al sostegno e promuovendo la lealtà nei confronti della famiglia, in alcuni casi viene abusato e sfruttato dai componenti della famiglia, creando dipendenza invece che incoraggiare gli altri ad essere indipendenti. Inoltre, raramente i parenti sono riconoscenti e arrivano perfino a coalizzarsi contro il proprio benefattore.

Questo è un argomento che viene spesso trattato nelle trame dei film nigeriani di Nollywood, in cui quando muore il capo famiglia i congiunti cercano di appropriarsi dei suo beni togliendoli alla moglie e ai figli. Le richieste della famiglia allargata inoltre possono impedire al capo famiglia di investire in modo tale da migliorare lo standard di vita di tutta la famiglia.

Il concetto di tempo

Alcuni aneddoti sottolineano come in Africa il concetto di tempo sia per certi versi più flessibile rispetto a quello dei Paesi sviluppati, e questo cliché sembra essere veritiero. Molti studiosi africani sostengono che, nonostante l’importanza della puntualità in alcune usanze tradizionali, di norma gli africani non sono bravi a rispettarla. All’interno del proprio ambiente tradizionale, tuttavia, gli africani sono stati costretti a rispettare il tempo da alcune routine. Ad esempio ci sono stati periodi particolari in cui alcuni rituali dovevano svolgersi, come i sacrifici. Detto questo, nell’Africa post-coloniale sono cambiati molti aspetti, compreso l’atteggiamento verso la puntualità. Coloro che lavorano nel settore privato, che per esempio devono essere puntuali a lavoro, subiscono la pressione di questo atteggiamento indolente.

Chi lavora nel settore pubblico non sempre rispetta gli stessi obblighi. Perciò, se è necessaria la presenza di molte persone ad un meeting programmato, devono essere inviati continui promemoria ed è essenziale stabilire un follow-up in tutte le aree di interazione. In alcune nazioni africane, ai partecipanti di un workshop o di un seminario devono essere dati degli incentivi non solo per partecipare ma anche perché siano puntuali. Purtroppo, la maggior parte dei Paesi sviluppati si aspetta che le attività siano svolte con tempestività e, di conseguenza, per molti imprenditori africani è difficile competere nel mercato globale, e alcuni di loro hanno perso dei contratti per il mancato rispetto delle scadenze.

Discriminazione professionale

Fino a poco tempo fa, esistevano alcune professioni che gli africani si rifiutavano di svolgere. Ad esempio, durante gli anni ’70 e ’80, nelle principali città e paesi molti africani avevano la tendenza di evitare alcune professioni a causa degli stereotipi culturali o sessuali. Gli uomini erano restii a lavorare come addetti alle pulizie, cuochi, custodi o camerieri negli alberghi e, se lo facevano, affermavano che si trattava di un lavoro temporaneo in attesa di trovarne uno stabile oppure di essere alla ricerca di un lavoro più appropriato, perchè speravano di trovare lavoro come impiegati, soldati, poliziotti o autisti. Data la debolezza dell’economia africana, caratterizzata da un alto tasso di disoccupazione e dalla povertà, tutti i posti di lavoro disponibili dovrebbero essere altamente competitivi e assegnati a persone disposte a svolgerli senza alcuna discriminazione riguardo al genere o alle considerazioni culturali.

I passi futuri

Ci sono molti campi in cui gli africani mostrano i propri talenti culturali e stanno realmente facendo progressi: la musica e il cinema. Ma per poter avere successo devono rispettare le nome occidentali di cooperazione e partnership, nonché di coordinazione, creatività e innovazione.

Cooperazione e partnership

Durante la lotta all’apartheid in Sud Africa, i difensori della libertà hanno cercato di mostrare unità nelle canzoni per la lotta contro gli oppressori. La maggior parte dei prigionieri politici detenuti a Robben Island, come l’ex presidente Nelson Mandela e Walter Sisulu, ha riconosciuto che le canzoni sulla liberazione non rappresentavano solamente un sostegno morale ma li hanno anche aiutati e uniti nella lotta per la libertà. In Sud Africa ci sono molti musicisti e ballerini di talento e questa risorsa è stata sfruttata per potenziare l’economia della nazione dal punto di vista creativo.

Per gli africani inoltre il fatto che, durante lo svolgimento di un lavoro, tutta la comunità si riunisca con strumenti musicali, come i tamburi, suonando e cantando per incoraggiare le persone a portarlo a termine, rappresenta una tradizione culturale. Un altro esemio di capitale culturale di valore inerente alle società africane riguarda la Repubblica Democratica del Congo (ex Zaire) che continua a sfornare musicisti di talento come M’billia Bel, Koffi Olomide e Papa Wemba. Con il supporto del dittatore Mobutu Sese Seko, è stato possibile avviare una cooperazione tra i vari gruppi musicali congolesi per diffonderne la musica in tutta l’Africa, in Europa e nel Nord America. Nell’ambito di questa rivoluzione culturale, la loro musica è diventata una fonte di orgoglio e patriottismo nella nazione, che dall’indipendenza, avvenuta nel 1961, ha subito guerre civili brutali.

Secondo il SXSW Schedule (2012), negli ultimi decenni, l’industria della musica africana, sia tradizionale che moderna, è cresciuta in maniera esponenziale e ha un’influenza diretta sulle economie africane. Infatti esistono alcuni distributori su piccola scala che hanno istituito laboratori locali per produrre la musica per la vendita: nonostante il basso costo del mercato, la musica ha il potenziale di creare occupazione, che a sua volta potrebbe ridurre la povertà.

A questo proposito, i governi africani dovrebbero avvalersi di questa enorme risorsa e sostenere la musica africana, sia tradizionale che moderna, come parte di una riforma culturale. Se l’Africa vorrà sfruttare i vantaggi di questa risorsa, non dovrà solamente rafforzare le proprie leggi sui copyright per prevenire la pirateria, ma anche promuovere la partnership con il settore privato per potenziarla.

Creatività, innovazione e lavoro di squadra

Un altro aspetto culturale che merita una considerazione approfondita in Africa è rappresentato dal cinema. Secondo Koichiro Matsuura, ex direttore generale dell’UNESCO, “i film e la produzione video sono esempi lampanti di come i settori culturali, in quanto veicoli dell’identità, dei valori, e dei concetti, possono aprire la porta al dialogo e alla comprensione tra le persone, ma anche alla crescita e allo sviluppo economico.” (UNESCO, 2009). Il cinema africano perciò è un’espressione dell’identità culturale del continente, e dimostra il suo impegno a superare l’influenza estera e a sviluppare una propria “voce”. Inoltre, i film africani hanno consentito a molte persone di comprendere meglio la creatività, l’innovazione e il talento africani.

Nonostante i problemi che l’industria cinematografica sta affrontando in Africa, comprese le difficoltà finanziarie, la pirateria, i problemi riguardo alla distribuzione sul mercato e la mancanza di un quadro normativo appropriato, Moudio (2013) conferma che il cinema africano non rappresenta solamente un settore del divertimento, ma un’importante fonte di reddito. Questo è sicuramente il caso dell’industria cinematografica nigeriana che attualmente dà lavoro a più di un milione di persone, rendendola il datore di lavoro maggiore dopo l’agricoltura (Moudio, 2013). Inoltre, la produzione dell’industria cinematografica nigeriana – conosciuta come Nollywood – ha un enorme seguito in Africa e nella diaspora africana in tutto il mondo. L’ex presidente nigeriano Goodluck Jonathan, che è stato un grande sostenitore di Nollywood, l’aveva proclamato “faro” della nazione ribadendo che doveva essere intrapreso qualsiasi sforzo per garantire che tale faro continuasse a fare luce.

Oltre alla Nigeria, l’industria cinematografica è in continua crescita in molte nazioni africane come il Sud Africa, il Burkina Faso, il Mali, il Ghana, il Kenya, la Tanzania, l’Uganda, lo Zimbabwe, il Senegal, l’Egitto, il Marocco e l’Angola. Il Sud Africa ha avuto un aumento costante sia in merito alla qualità che alla reputazione dei propri film. Un film sudafricano – Tsotsi – ha vinto l’Academy Award nel 2016 come miglior film straniero, e date le condizioni meterologiche favorevoli, il Sud Africa è stato il luogo scelto per girare alcuni successi cinematografici come Mad Max: Fury Road, Blood Diamond (con Leonardo di Caprio) e Invictus diretto da Clint Eastwood.

Tutti questi rappresentano segnali positivi che l’industria cinematografica africana sta superando i propri limiti culturali tradizionali. Adesso questo campo necessita di ambasciatori culturali, di una volontà e un supporto politico e di un sostegno finanziario da parte del settore privato. Il sostegno che Goodluck Jonathan ha fornito a Nollywood è particolarmente significativo, perché non vi è alcun dubbio che se i leader africani incoraggiano e promuovono il cinema dei loro Paesi i vantaggi potrebbero essere davvero smisurati. Per le varie nazioni, il continente rappresenta un mercato enorme costituito da più di un miliardo di persone e ciò offre un’opportunità senza precedenti che non deve essere ignorata: offre la possibilità di diminuire la disoccupazione, in particolare tra i giovani laureati, e di conseguenza di ridurre la povertà e migliorare gli standard di vita nelle nazioni interessate. L’industria cinematografica africana, con budget minimi, è stata in grado di accogliere alcuni dei suoi talenti culturali, come il lavoro di squadra, la creatività e l’innovazione.

Conclusione

La cultura è davvero un aspetto fondamentale che deve essere preso in considerazione per discutere o riflettere sulle azioni per lo sviluppo. L’Africa è un continente vasto con un’enorme diversità di norme e prassi culturali. Esistono molte differenza tra le regioni, le nazioni e i gruppi etnici che devono essere riconosciute. Piuttosto che considerare questa ricca diversità culturale come un ostacolo per lo sviluppo, il continente dovrebbe trarne vantaggio nella propria ricerca di uno sviluppo economico e dovrebbe cambiare il proprio atteggiamento verso il lavoro, la fiducia interpersonale, il tempo, i giovani e le donne.

I successi del Botswana (Hanson, 2008), delle Mauritius (Zafar, 2011) e in altre nazioni dimostrano che gli africani riescono ad essere puntuali, innovativi, imprenditoriali e lungimiranti. Inoltre, dovrebbe essere sfruttato maggiormente il talento creativo disponibile; il teatro, la musica e i film dovrebbero essere utilizzati come strumenti efficaci per sensibilizzare gli africani riguardo all’esigenza di un’educazione e di un cambiamento nei loro atteggiamenti e valori negativi per poter promuovere lo sviluppo economico.

Allo stesso modo dobbiamo accettare che ci vorrà del tempo per radicare in Africa i fattori che sono alla base del rapido successo di un Paese come il Giappone e di altre nazioni più sviluppate. Per promuovere l’economia, la cultura della buona “governance” non deve essere considerata un lusso a cui aspirare ma evitato nella prassi: per promuovere lo sviluppo economico tutti i valori culturali fondamentali devono essere predisposti e devono essere governati dalla trasparenza, dalla responsabilità, dall’affidabilità e dalla responsabilizzazione. Come il Giappone, ogni singola nazione africana dovrebbe costruire la propria economia sulla base dei propri valori culturali endogeni. I successi dei film (Nollywood) e della musica africana devono essere presi come esempio.

Benedetta Monti

Traduttrice freelance dal 2008 (dall'inglese e dal tedesco) soprattutto di testi legali, ama mettere a disposizione le sue competenze anche per fini umanitari e traduzioni volontarie.

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