PA, i giochetti del Governo e la Missione Trasparenza

Un promo che sarebbe piaciuto a Douglas Adams circola da qualche giorno su You Tube: è la fantascienza umoristica che punta il dito su Governo e Parlamento italiani, autori di un decreto che “sembra la caricatura di un film di fantascienza” (copyright http://www.riparteilfuturo.it/foia4italy)

Soggetto: il Governo, dopo aver promesso l’accesso totale ai dati della Pubblica Amministrazione, a febbraio 2016 presenta finalmente la bozza di legge. Ecco dunque che un incauto cittadino viene “accompagnato” nel futuro da un disinvolto anchorman, che gli annuncia, con il piglio del venditore incallito, una legge nuova di zecca. Et voilà!, un robot pel di carota dalle gentili sembianze fa la parte di Miss Trasparenza. Ma qualcosa sembra non andare per il verso giusto…

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Il breve corto è il volano di una petizione on line (già a più di 60.000 firme) promossa dalla Comunità Digitale Riparte il Futuro  che chiede la revisione del decreto – criticato per diversi aspetti – per arrivare ad un vero e proprio Freedom of Information Act, che consenta ai cittadini un completo accesso alle informazioni raccolte dallo Stato.

Più trasparenza nella Pubblica Amministrazione, dunque: la meta è tutt’altro che scontata.

Il progetto Foia4Italy – nato dalla società civile italiana – aveva avanzato un’articolata proposta di legge proprio in questa direzione. Ma tale proposta, a quanto pare, non sembra essere stata tenuta nella debita considerazione nel testo approvato dal Consiglio dei Ministri, seppure in via preliminare.

Ne abbiamo parlato con Claudio Cesarano, di Diritto di Sapere, associazione senza scopo di lucro creata per l’espansione del diritto umano di accesso all’informazione, e promotore di #Foia4Italy.

Claudio, innanzitutto, come si è arrivati al Decreto Trasparenza approvato in Consiglio dei Ministri il 20 gennaio scorso?

Il Decreto legislativo 267 è stato possibile grazie a un emendamento a firma Coppola-Ascani incluso nella Riforma della Pubblica Amministrazione approvata lo scorso agosto. Questo emendamento ha dato mandato al Governo di modificare la regolamentazione dell’accesso ai documenti amministrativi per “favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche”.

In sostanza si chiedeva di superare il modello restrittivo della legge 241/1990 (considerata una delle peggiori leggi al mondo) e dotare l’Italia di un Freedom of Information Act come in tantissimi altri Paesi: lo stesso Renzi nel suo discorso al Senato nel febbraio 2014  aveva promesso una norma del genere.
Il decreto approvato il 20 gennaio, tuttavia, riforma il Decreto Trasparenza (33/2013) che regola gli obblighi di trasparenza delle Pubbliche Amministrazioni (o trasparenza proattiva) mentre mantiene in vita la legge 241/1990, che anzi viene richiamata nell’articolo sulle eccezioni.

Il Consiglio di Stato ha già espresso un parere critico sul decreto: ora mancano la Conferenza Stato Regioni e alcune Commissioni Parlamentari di Camera e Senato (Affari costituzionali, Bilancio, Semplificazione).


Immagine presa dal sito http://www.open-cooperazione.it/
Immagine ripresa dal sito http://www.open-cooperazione.it/

Perché secondo voi il testo approvato dal Consiglio dei Ministri in via preliminare non ha tenuto conto delle proposte di FOIA4Italy?

Il testo approvato non tutela a sufficienza il diritto di accesso e non aumenta la trasparenza della macchina amministrativa. Nell’ultimo anno, le 32 organizzazioni parte di FOIA4Italy si sono attivate in molti modi per indicare al Governo le priorità di una buona legge sul diritto di accesso: oltre al nostro continuo lavoro di informazione e sensibilizzazione sul tema, abbiamo presentato review e raccomandazioni di esperti internazionali  e ci siamo confrontati direttamente con Bernardo Mattarella che ha materialmente scritto il decreto. Il 22 febbraio, a decreto già approvato in via preliminare, siamo stati chiamati in audizione per fornire dei pareri: il riscontro è stato positivo ma adesso ci aspettiamo che le nostre osservazioni sulle criticità del decreto vengano accolte e si provveda a garantire piena trasparenza e libertà di accesso ai documenti, i dati e le informazioni amministrative.

Avete affermato che questo decreto è un’arma spuntata nella lotta per una vera e concreta trasparenza.

Sì, perché nonostante si introduca un principio di accesso generalizzato (chiunque può richiedere qualunque tipo di documento) ci sono poche garanzie per un cittadino che la propria richiesta ottenga davvero risposta. Innanzitutto le Pubbliche Amministrazioni non sono obbligate a rispondere ma possono avvalersi – come già adesso accade molto spesso in materia di accesso alle informazioni – del silenzio diniego: se non si riceve risposta dalla PA la richiesta si considera rifiutata. Inoltre la PA non è obbligata a fornire alcuna motivazione in caso di rifiuto o mancata risposta e se la Pubblica Amministrazione sbaglia non riceve alcuna sanzione: il cittadino può ricorrere soltanto al TAR, procedimento lungo e costoso.

Inoltre le eccezioni sono formulate in maniera molto ampia e non prevedono un test dell’interesse pubblico (tipico dei regimi di FOIA): se è maggiore l’interesse dei cittadini a ottenere un informazione rispetto al danno che potrebbe arrecare la sua diffusione, il documento va comunque pubblicato.
Infine non sono chiari i costi per una richiesta di accesso: sebbene sia detto che le richieste sono gratuite si aggiunge anche che il cittadino deve rimborsare la PA. Ma quali costi vanno rimborsati? La stampa e l’invio dei documenti o il lavoro di recupero effettuato dal funzionario pubblico?

Nel caso di controversia tra cittadino e amministrazione non è chiamato a decidere l’Autorità anticorruzione guidata da Raffaele Cantone?

In realtà no, non è l’ANAC a decidere in caso di controversia. L’unica forma di ricorso prevista è quella alla giustizia amministrativa: per questo noi chiediamo che sia previsto anche un ricorso stragiudiziale e l’ANAC potrebbe essere una soluzione.

Cosa dobbiamo aspettarci ora da Camera e Senato?

Innanzitutto è bene ricordare che i pareri di Camera e Senato non sono vincolanti: sta al Governo decidere come tenerne conto. Il Movimento 5 Stelle ha dichiarato di voler sostenere la nostra iniziativa e in particolare il Senatore Vito Crimi ha rimarcato tutti i limiti del decreto approvato e avanzato alcune proposte in linea con le nostre osservazioni. Speriamo che questa posizione sia condivisa anche dagli altri schieramenti e si mandi un segnale forte al Governo sulla necessità di migliorare il testo.

Elena Paparelli

Giornalista freelance, lavora attualmente in Rai. Ha pubblicato tra gli altri i libri “Technovintage-Storia romantica degli strumenti di comunicazione” e “Favole per (quasi) adulti dal mondo animale”.

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