Musica e web, costruzione di relazioni e ricerca di sonorità
Elio Martusciello, Giulio Aldinucci e Alessandra Eramo – tre professionisti del suono – sono alcuni degli artisti che hanno preso parte al Realityvism 2015, un evento-occasione che ha offerto lo spunto per ragionare sulla tecnologia come strumento per reinventare “pratiche e politiche che attraverso la Rete escono dalla Rete per contagiare i corpi e la vita”.
Martusciello, musicista, compositore e docente di musica elettronica ed elettroacustica, parte dall’universale accesso alla musica e ai suoi dispositivi per produrla, crearla, analizzarla, pensarla e, soprattutto, ripensarla: “Di fatto – dice a Voci Globali – abbiamo già ottenuto la globalizzazione dell’uomo musicale; da un lato come istanza del corpo, che desidera risuonare, vibrare, condividere; dall’altro come dimensione dell’ascolto che desidera accogliere, seguire, comprendere, qualità che possono solo contagiare positivamente la vita di ognuno“. Nonostante i rischi che questo comporta. “L’espansione del sensibile – continua l’artista – vuol dire non solo aumentare gli stimoli che i nostri sensi posso cogliere, ma anche dare senso a quegli stessi stimoli. Per poi addirittura rilanciare quest’interattività del sensibile“. Il punto, insomma, è padroneggiare strumenti che “essenzialmente servono a renderci sempre più sensibili alla vita e al mondo“.
Più critico Giulio Aldinucci, attivo nell’ambito della sperimentazione musicale elettroacustica con tre album pubblicati con etichette straniere nel curriculum. “Se da un lato le tecnologie portano con sé una carica propulsiva di conoscenza e creatività – riflette – dall’altro le modalità con cui i più utilizzano macchine connesse alla Rete sembrano condurre ad un’atrofizzazione delle abilità connesse alla nostra intelligenza emotiva, e ciò, usando le parole di Salovey e Maye, ‘coinvolge l’abilità di percepire, valutare ed esprimere un’emozione; l’abilità di accedere ai sentimenti e/o crearli quando facilitano i pensieri; l’abilità di capire l’emozione e la conoscenza emotiva; l’abilità di regolare le emozioni per promuovere la crescita emotiva e intellettuale'”.
Per Aldinucci il web – sempre più accentrato attorno a poche aziende – disegna una dimensione in cui l’utente non è “cittadino digitale“, ma mero consumatore inserito in un ciclo dove le sue azioni vengono tradotte in flusso di dati con la funzione di vendergli prodotti. “È evidente il livellamento e l’omologazione che ciò comporta“. Insomma, starebbe all’artista sottolineare il potenziale di emancipazione e creatività permesso dalle tecnologie.
Di tutt’altro avviso Martusciello: “Le nuove tecnologie consentono di costruire e pensare interfacce diverse per ogni genere di esigenza. Si tratta di uno strumentario non più irrigidito da alcune qualità fisiche elementari dei materiali risonanti come pelli, corde, tubi, ecc., ma è possibile, ad esempio, suonare con il solo movimento delle mani nell’aria o con il movimento del corpo danzante; è possibile operare musicalmente con gli occhi o addirittura con il solo pensiero. Possiamo immaginare di rendere corporeo, attraverso macchine sensibili, qualsiasi costrutto del pensiero e possiamo combinare e ricombinare all’infinito qualsiasi nostra esperienza mentale e corporea“.
Da un certo punto di vista si tratterebbe cioè di un ritorno a dimensioni primitive dell’intendere il suono, ma con la differenza di avere a disposizione, allo stesso tempo, tutta la memoria del mondo, archiviata, codificata e ricodificata. “Questa vertigine del sapere coniugata ad un sentire originario e incontaminato – afferma – è la follia e la potenzialità del presente“.
In occasione di Flussi 2015, Martusciello ha anche diretto un ensemble aperto costituito da musicisti e persone con disabilità. Tecnologia e musica, dunque, ma anche inclusione sociale.
“Essenzialmente ciò che ho appreso durante questa esperienza è la capacità della musica di stimolare relazioni umane. Come scriveva Oliver Sacks, il nostro corpo e la nostra mente sembrano essere strutturate naturalmente per risuonare con la musica e condividerla con gli altri. Ovviamente ero già consapevole di questa qualità della musica, penso in particolare alle mie esperienze con l’improvvisazione e la conduction, ma non sospettavo fosse capace di spingersi in territori così lontani”.
I territori lontani sono talvolta anche quelli più prossimi. E Rete significa anche rapporto reticolare fra arte e spazio urbano.
A Realityvism 2015 Alessandra Eramo, artista sonora, cantante e compositrice, arriva con alle spalle un’interessante esperienza multimediale – nell’ambito di “Correnti seduttive” – che parte dal territorio di Taranto, la “Città dei due mari“, capitale dell’industria siderurgica.
La sua installazione sonora, “Se Dio Vuole“, affronta il suo rapporto col Mar Piccolo di Taranto che, a causa dei veleni scaricati dall’industria e dalle vernici per ristrutturare le navi della marina militare, è stato derubato della sua antica tradizione e destinazione, la coltura dei frutti di mare.
“In quest’opera – spiega – ho rivolto la mia attenzione ai suoni e agli oggetti trovati sul Mar Piccolo e alla musicalità del dialetto tarantino“. Per farlo la Eramo ha adottato, come elemento visivo, A’ Zoc’, ovvero le corde di sparto che da oltre 2000 anni vengono utilizzate per l’allevamento dei mitili. “Nel groviglio di corde ho disposto quattro altoparlanti neri da cui proviene una composizione vocale basata sui suoni gutturali del dialetto tarantino e su parole in greco antico, la cui eredità linguistica è tuttora presente nel tarantino“.
A incantarla l’idea che, nonostante lo sforzo di molti filologi, il suono della lingua greca antica rimanga sconosciuta perché mai ascoltata. “Ho provato dunque a dare voce a quelle parole di dolore e di speranza. Ho esplorato una memoria sonora legata alle mie radici“. Nella stanza sede dell’installazione, altri due altoparlanti diffondono un canto melodico che l’artista ha scritto e interpretato ispirandosi alle musiche della Settimana Santa tarantina. “Alla fine del canto, si avvia una registrazione originale del molo del Mar Piccolo che ho fatto alle 5 del mattino, in cui si ascolta il rumore assordante dell’industria che contrasta drammaticamente con il grido dei gabbiani“.
Fra realtà e cultura digitale, la Eramo, abituata ad esplorare e intrecciare suggestioni apparentemente distanti nello spazio e nel tempo, non vede alcuna frattura. E confessa anche una certa curiosità per il fenomeno dei commenti a video di concerti o spettacoli teatrali: “Con i commenti si vengono a creare delle vere e proprie tribune spietate, tutti diventano giudici disinibiti e agguerriti, lo trovo veramente divertente, come fosse già la sceneggiatura di una performance dadaista“. Più che dal loro contenuto, è attratta soprattutto dai suoni che possono avere le voci dei commentatori: “nella discrepanza tra il fenomeno orale e scritto che sembra essere letteralmente esplosa nelle piattaforme web – confessa – personalmente riesco a trovare molte ispirazioni”.