Elephant Action League: “Se compri avorio, uccidi persone”

“Se compri avorio, uccidi persone”, è lo slogan dell’ultima campagna lanciata il 26 gennaio scorso da Elephant Action League, organizzazione indipendente che ha come missione quella di contrastare i crimini contro la fauna selvatica e le foreste.

Il costo umano legato al traffico di avorio dall’Africa all’Asia – dice a Voci Globali Andrea Crosta,  direttore esecutivo e co-fondatore della ONG californiana Elephant Action League (EAL) – è l’impatto negativo su individui e comunità sfruttate lungo l’intera filiera, dal bracconaggio degli elefanti alla vendita di avorio sul mercato asiatico, in particolare cinese“.

Un traffico che è storicamente legato, fin dai tempi della schiavitù, allo sfruttamento di comunità povere e svantaggiate in Africa. Dietro ogni singolo oggetto d’avorio venduto nel mondo, incluso l’avorio antico, c’è una lunga scia di sfruttamento e sofferenza umana.  

Questo costo – continua Crosta – vede Governi sempre più corrotti e mal gestiti, con funzionari collusi che collaborano con gruppi criminali; attività illegali che si sovrappongono al traffico illegale di avorio, come il traffico di droga, armi e esseri umani; un alto numero di orfani e vedove lasciati per strada da rangers, bracconieri e persone innocenti che ogni giorno perdono la vita in questa guerra per l’avorio; fondi a gruppi armati e organizzazioni terroristiche che traggono profitti dal traffico di avorio e destabilizzano intere regioni africane, con un impatto su migliaia di comunità locali“.

Per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica su quest’aspetto importante ma ancora largamente ignorato del traffico d’avorio, EAL ha lanciato la nuova campagna 2015, introducendo argomenti forti per espandere la narrative tradizionale legata alla protezione degli elefanti e che non ha mai portato risultati significativi.


 

Crosta, il bracconaggio è un business criminale di portata globale. Chi sono oggi i bracconieri, in quali zone dell’Africa si concentrano e come si muovono?

I bracconieri e i trafficanti, piccoli e grandi, si trovano praticamente in tutta l’Africa sub-sahariana, ovunque ci siano specie animali che possono essere trafficate con profitto. Non parliamo infatti solo di elefanti o rinoceronti, ma anche di leoni, pangolini, pappagalli e rettili.

Si va dal piccolo bracconiere che opera nell’area in cui vive e che lo fa spesso per sostentarsi, fino a gruppi ben armati e addestrati che non esitano ad uccidere persone. Tutti sono poi in qualche modo in contatto con la rete di trafficanti che si occuperà della parte internazionale.

Il bracconaggio degli elefanti africani, in particolare, potrebbe causare la loro estinzione nel 2025. Qual è attualmente la situazione?

Si stima che abbiamo perso circa 100.000 elefanti in 3 anni, su una popolazione africana di probabilmente 500.000 animali. Se continua così non è difficile prevedere un tracollo totale in 10 anni, con la completa estinzione delle popolazioni più grandi e la sopravvivenza di qualche gruppo qua e là, guardato a vista, come succede oggi per i rinoceronti.

Leggendo il dossier del WWF “Natura Connection” risulta che  circa il 94% del bracconaggio di rinoceronti avviene tra Zimbabwe e Sud Africa che ospitano le più grandi popolazioni di rinoceronti in Africa. Il solo Sud Africa ha registrato dal 2007 ad oggi un aumento del 7.000% del bracconaggio verso i rinoceronti. Cosa si sta facendo per contrastare questa situazione?

Agli inizi del ventesimo secolo, quindi circa 100 anni fa, in Africa e Asia rimanevano ancora circa 500.000 rinoceronti. Oggi ce ne sono attorno ai 29.000, di cui 25.000 in Africa. Il Sud Africa ospita oltre l’80% dei rinoceronti africani ma nel 2014 ha perso ben 1.215 rinoceronti (stime ufficiali), nuovo record storico che supera quello del 2013.

La lotta al bracconaggio viene fatta attraverso l’impiego di rangers armati e investigatori che cercano di prevenire le uccisioni e catturare i responsabili (con poco successo). Recentemente sono stati messi in campo ingenti somme di denaro per contrastare il bracconaggio di rinoceronti in Sud Africa ma la migliore organizzazione dei gruppi criminali e una corruzione dilagante hanno avuto la meglio.

In che modo Internet risulta oggi funzionale alle reti criminali rispetto alla distribuzione e commercializzazione di fauna selvatica?

Non si tratta solo di Internet, che sicuramente aiuta anche i criminali e i trafficanti. In generale i gruppi criminali sono sempre vari passi avanti rispetto alle forze dell’ordine. Sono meglio coordinati, utilizzano metodologie e connessioni ben sperimentate e sono pronti ad adattarsi alle mosse dei Governi. In generale stanno vincendo alla grande. Internet senza dubbio facilita la comunicazione, gli accordi commerciali e il passaggio di fondi.

Cosa si può fare ancora per contrastare il bracconaggio, che specie in Africa sta diventando una piaga tanto preoccupante?

La soluzione non è in Africa ma in Asia, nei mercati dove prodotti come avorio e corno di rinoceronte vengono consumati. La richiesta parte da là, ed e là che va fermata, con la collaborazione reale e onesta dei Governi, senza la quale non è possibile fare nulla.

Dall’Africa, data l’enorme povertà della comunità locali e il virus della corruzione che infetta dal piccolo funzionario doganale fino a ministri e uomini d’affari, non ci si può aspettare molto, purtroppo. ONG come la nostra fanno il possibile per arginare e contenere il problema, e alcuni funzionari onesti fanno quello che possono, ma non penso sia possibile fare di più nell’immediato. Certamente si può investire più fondi in training e forze anti-bracconaggio o in attività di intelligence, tutte cose che servirebbero molto, ma la soluzione del problema, ripeto, è in Asia. I governi asiatici devono affrontare con durezza e determinazione i traffici illeciti e, nel caso della Cina con l’avorio, devono chiudere una volta per tutte il loro mercato legale domestico, attraverso il quale l’avorio illegale viene riciclato.

In che consiste l’attività della piattaforma Wildleaks? Ci puoi tracciare un bilancio della vostra attività?

WildLeaks, creata e supportata da EAL, è la prima iniziativa al mondo dedicata alla raccolta di informazioni confidenziali, in modo anonimo da “whistleblowers”, su crimini contro la fauna selvatica e le foreste.

Il progetto è stato lanciato un anno fa, nel febbraio 2014, e fino ad ora ha raccolto oltre 70 “leaks” / informazioni di vario genere, generato 3 investigazioni sul campo (tuttora in essere) e condiviso informazioni con altre ONG internazionali e con alcune forze dell’ordine.

Parte delle nostre attività sono infatti svolte nell’ombra e tenute confidenziali proprio per non ostacolare le attività investigative (che possono durare parecchio) e per proteggere le fonti e i nostri collaboratori sul campo.

Elena Paparelli

Giornalista freelance, lavora attualmente in Rai. Ha pubblicato tra gli altri i libri “Technovintage-Storia romantica degli strumenti di comunicazione” e “Favole per (quasi) adulti dal mondo animale”.

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