20 Aprile 2024

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Scienza e tecnologia, donne dimenticate che hanno fatto la storia

Maria Sibylla Merian, Gertrude Belle Elion, Hedy Lamarr, Raye Montague. Nomi che hanno segnato passi importantissimi nel progresso tecnico-scientifico, ma che sono finiti nel dimenticatoio. Il motivo? Sono tutte donne, e in quanto tali hanno subito un declassamento che purtroppo ancora oggi riguarda il settore scientifico. La specifica disparità di genere che travolge le professioniste impiegate in questo campo è così preoccupante che nel 2015 è stata istituita la Giornata Internazionale delle Donne e delle Ragazze nella Scienza, allo scopo di sensibilizzare e proporre soluzioni.

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Delta del Niger, l’alleanza letale tra Stato e compagnie petrolifere

Da oltre 60 anni, Shell e altre società estraggono petrolio in Nigeria, non curandosi dei bisogni di sussistenza degli abitanti. Le comunità indigene, da sempre dedite a pesca e agricoltura, sono state lasciate con acque e terreni contaminati. L’aspettativa di vita è calata drasticamente e nessun grido d’aiuto sembra essere ascoltato. La comunità internazionale non interviene risolutamente e i vari Governi del Paese hanno sempre collaborato con le compagnie estrattive, reprimendo ogni forma di rivolta. Eppure i popoli indigeni hanno diritto a un risarcimento, la restituzione e la bonifica delle terre.

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Apartheid coloniale, il peggiore alleato del cambiamento climatico

Surriscaldamento globale, migranti climatici e Paesi ricchi in cerca di manodopera a basso costo. Questi gli elementi di una crisi che riguarda ambiente, economia, politica e diritti umani, in cui le frontiere si aprono per i lavoratori stagionali, ma si chiudono di fronte a milioni di sfollati. Si tratta di persone costrette ad abbandonare la propria casa, vittime di disastri ambientali di cui gli Stati occidentali sono spesso responsabili. La riflessione sulla decolonizzazione conduce a una sola soluzione: de-militarizzare i confini aprendo alla libera circolazione delle persone e non solo delle merci.

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Yazidi, a sette anni dal genocidio, tra fuga in Europa e giustizia

Questo popolo, minoranza religiosa irachena oggetto della brutale campagna condotta dal gruppo islamista Daesh nel 2014 (riconosciuta come genocida dal Consiglio per i Diritti Umani dell’ONU nel 2016), vive ancora oggi enormi e drammatiche difficoltà. Voci Globali ha affrontato il tema con due professionisti che – condividendo la propria esperienza umana, professionale, di attivismo – hanno fatto luce sulla situazione attuale, dai campi profughi alle migrazioni, dalla (difficile) ricostruzione in Sinjar alla giustizia nei tribunali.

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Myanmar, un regime che sparge sangue grazie al traffico dei rubini

Il regime che dal golpe dello scorso febbraio insanguina il Myanmar sarebbe legato a doppio filo allo sfruttamento delle miniere di rubini. L’attentato alla democrazia, la repressione violenta delle manifestazioni civili e le atrocità contro le minoranze etniche. Tutto sarebbe finanziato dal “racket militare corrotto” costruito attorno alle pietre preziose. Un’indagine di Global Witness mette a fuoco il legame tra l’estrazione delle gemme rosse, i conflitti armati e la catastrofe dei diritti umani che si sta consumando nel Paese. L’appello ai grandi nomi della gioielleria mondiale: boicottaggio.

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In Guatemala l’omotransfobia è promossa dalle istituzioni

Tra le notizie di questo mese: nuove specie invasive minacciano l’Antartide. L’ex presidente sovietico, Mikhail Gorbaciov, è stato citato in giudizio per crimini di guerra da 6 cittadini lituani. In Nigeria, si svolgerà il primo censimento digitale della popolazione. L’ONU chiede maggiore partecipazione dei giovani nei tavoli di pace”. Mentre continua l’ambizioso progetto di eliminare il cancro della cervice uterina, le 5 Potenze nucleari si impegnano a prevenire la guerra atomica e a promuovere il disarmo nucleare.

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Gustamundo, dove l’integrazione passa per lo scambio fra cucine

Dal 2017, nel quartiere romano di Valle Aurelia, Pasquale Compagnone e i suoi collaboratori portano avanti un progetto unico nel suo genere: un ristorante multietnico in cui è possibile assaporare piatti provenienti dalle più disparate parti del mondo. I cuochi sono tutti richiedenti asilo e rifugiati, che qui hanno trovato non solo un’occasione di sviluppo professionale, ma anche e soprattutto un modo originale per creare un legame con la comunità e il territorio locali. Un modo inclusivo, basato sulla curiosità reciproca e sulla valorizzazione delle differenze.

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Agricoltura e stagionalità, viaggio attraverso opportunità e limiti

La globalizzazione dei mercati e la tecnologia agricola ci hanno permesso di abbattere alcuni limiti della nostra dieta, primo tra tutti quello di dipendere dalla stagionalità di frutta e verdura per il loro consumo. Oggi una rapida occhiata ai banchi del supermercato ci mostra quanto ogni prodotto possa essere reperibile in qualsiasi momento dell’anno, qualunque sia la sua origine. Dietro questa disponibilità, tuttavia, l’impatto ambientale dei modi di produzione e dei trasporti, e il costo sociale che essa comporta, ci obbligano a una riflessione più profonda sulla stagionalità e sul suo superamento.

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Territori occupati, quell’apartheid che distrugge l’ambiente

Acqua sempre più scarsa e inquinata, rifiuti non trattati gettati in mare, suolo impoverito e tossico, agricoltura devastata: queste sono alcune delle palesi conseguenze della politica di insediamenti e controllo da parte di Israele su Gaza e Cisgiordania. C’è una vera emergenza ambientale, oltre che umanitaria, in questa regione del mondo sempre più lacerata da conflitto e odio. Lo sproporzionato utilizzo di risorse naturali da parte di Tel Aviv per alimentare le sue colonie, spesso illegali, si sta trasformando anche in un’azione contro l’ecosistema.

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Kafala, quando il lavoro diventa sfruttamento, abuso, schiavitù

Il sistema di sponsorizzazione del lavoro straniero – diffuso nei Paesi del Golfo Persico, in Giordania e in Libano – genera gravi forme di sfruttamento. Permettendo di fatto ai datori di lavoro un controllo quasi totale sulle vite dei migranti. ONU, UE, organizzazioni a tutela dei diritti umani ne chiedono da tempo l’abolizione. Senza però grandi risultati. Solo Arabia Saudita e Qatar hanno avviato delle riforme, che – ad oggi – non sono state ancora pienamente attuate. Da Beirut, una buona notizia: a febbraio si terrà l’udienza del primo processo penale instaurato contro un kafeel.

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