28 Marzo 2024

Fenomeni migratori, le nuove frontiere dello storytelling

Applicazioni, siti, piattaforme per raccogliere materiali “dal basso”, mappe interattive: il fenomeno della migrazione continua ad essere raccontato in maniera efficace e sempre aggiornata grazie agli strumenti digitali, che contribuiscono a ridisegnarne la narrazione giornalistica, arricchita di nuove forme di storytelling.

Ogni nuova app lanciata, ogni sito costruito ad hoc, ogni campagna o progetto diffuso in Rete, contribuisce ad allargare i confini di una ricerca dinamica e dettagliata sul fenomeno migratorio. Il quale riguarda rotte che interessano a vario titolo nazioni e continenti che è possibile “monitorare” giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno.

La famiglia di app per migranti, tenuta ormai sotto osservazione anche da quotidiani e riviste mainstream, si allarga periodicamente: fra le ultime disponibili online spicca quella messa a punto da Qlik  che si presenta come una mappa interattiva costruita grazie alle informazioni reperibili sui flussi migratori a partire dal 24 agosto 2015.

Quali i dati dei flussi migratori? La mappa di Qlik per scoprirlo in un click
Quali i dati dei flussi migratori? La mappa di Qlik per scoprirlo in un click

Oltre ad essere ottimi strumenti di racconto giornalistico interattivo, le app sono utili, naturalmente, anche a chi sceglie o è costretto a sbarcare in terra straniera: il 30 giugno prossimo si prevede il lancio ufficiale di un’app dal nome Hi Here , in fase di sperimentazione dal 16 maggio, che potrà permettere ai richiedenti asilo di registrare un profilo personale e di “connettersi, condividere la propria esperienza e raccogliere informazioni sul diritto di asilo e i servizi locali di accoglienza”. Ideata per essere potenziata e diffusa in tutta Europa.

Mappature, dati e informazioni, incrociati insieme possono diventare uno strumento  estremamente utile in contesti di emergenza: ecco perché OSM Tasking Manager  , per esempio, si pone come  strumento di mappatura collaborativa dell’Humanitarian OSM Team.

Fondamentale per gli operatori umanitari è senza dubbio l’open data e The Humanitarian Data Exchange (Hdx) è un ottimo esempio di piattaforma di condivisione dati molto articolato e convincente.

I dati, naturalmente, costruiscono da sempre una fonte preziosa per la costruzione di una notizia. Ma il data journalism, pur dovendo ancora esprimersi compiutamente in tutte le sue potenzialità, essendo fondato sui dati come “materia prima dell’innovazione” costruisce grazie all’uso di queste tecnologie nuove forme di narrazione.

Cambiano, insomma, gli strumenti del racconto giornalistico, che punta a potenziare il coinvolgimento del pubblico sfruttando una visualizzazione grafica sempre più originale e interattiva.

Per ricostruire un profilo convincente e completo del data journalism, è arrivato ora in libreria il lavoro di Davide Ludovisi Il potere dei dati – Il data journalism e le nuove forme del comunicare (effequ)  che aiuta a inquadrare il fenomeno fornendo chiavi di lettura interpretative del nuovo modo di fare giornalismo, istruzioni “operative” e punti di vista degli operatori del settore.

E, dunque, come cambia il racconto della migrazione grazie al data journalism?

Eccellenti gli esempi di divulgazione giornalistica sul tema ce ne sono:  TheMigrant Files , naturalmente, spicca per il suo approccio convincente al data-driven, che ha portato alla pubblicazione in contemporanea su 6 testate europee del primo studio centrato sul numero di morti nel mar Mediterraneo dal 2000 ad oggi.

Ma altrii esempi non mancano: i dati sono anche al centro del recente progetto Open Migration, messo a punto dalla Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili (che raduna trenta organizzazioni operative per i diritti umani e le libertà civili), che prevede l’aggiornamento costante su sbarchi e flussi migratori grazie all’utilizzo di mappe e grafici molto intuitivi.

Obiettivo di Open Migration: i dati e la loro forza contro notizie false, stereotipi e pregiudizi, e il tutto attraverso le nuove forme di storytelling offerte dalla Rete.

Che, ovviamente,nella costruzione di una “open knowledge” in favore di una società più libera e aperta, veicola anche direttamente le testimonianze “dal basso” di chi delle migrazioni è protagonista:  I am migrant , per esempio, piattaforma web e allo stesso tempo campagna internazionale dell’OIM e del Joint Council for The Welfare of Immigrants, è un “luogo virtuale” che intende “mostrare il volto umano della migrazione“, chiamando al racconto il migrante di 40 anni fa come quello di pochi giorni fa.

Videostorie da caricare online o testimonianze da scrivere per raccontare cosa significa oggi essere migrante, cogliendo aspetti diversi di vissuti e percorsi di vita molto ricchi di spunti e riflessioni.

Nell’intenzione dei promotori, non soltanto un semplice database di storie di migranti, ma un vero e proprio strumento “per comunicare con i Paesi d’origine e per mostrarsi, auspicabilmente, come un modello positivo e replicabile, magari a livello economico”.

Elena Paparelli

Giornalista freelance, lavora attualmente in Rai. Ha pubblicato tra gli altri i libri “Technovintage-Storia romantica degli strumenti di comunicazione” e “Favole per (quasi) adulti dal mondo animale”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *