19 Marzo 2024

Colombia, l’amore ai tempi della guerra

“Era ancora troppo giovane per sapere che la memoria del cuore elimina i brutti ricordi e magnifica quelli belli, e che grazie a tale artificio riusciamo a tollerare il passato.” (da “L’amore ai tempi del colera” di G.García Márquez)

All’inizio del 1964 dopo anni di guerre intestine tra conservatori e liberali, dove anche girare con un vestito di un colore sbagliato poteva significare la morte, nascono i gruppi di guerriglieri.

Questi gruppi, ispirati alle guerriglie organizzate da Che Guevara e Fidel Castro, nascono per difendere i poveri e ridistribuire ordine e ricchezze; purtroppo non va come a Cuba e presto i gruppi si diversificano: nascono così le FARC, l’ELN e l’M-19.

Alcuni anni dopo, molti gruppi vengono smembrati e il più forte dei tre, le FARC, col passare del tempo si concentra più sui profitti economici derivanti dal traffico di droga che sulla sorte dei contadini.

Contrapposti ai guerriglieri di sinistra ci sono i paramilitari, gruppi di destra organizzati dai ricchi proprietari terrieri (e spesso aiutati segretamente da funzionari governativi), che hanno l’ ordine di smantellare i gruppi guerriglieri. Questi gruppi si dimostrano ancora più criminali di quelli a cui danno la caccia pensando anche loro solo all’enorme profitto economico che si può ricavare dal mercato della droga o dalle estorsioni agli imprenditori. In mezzo a questo caos chi ne paga le conseguenze è sempre la povera gente: questa è la storia di uno di loro.

Chiameremo il nostro protagonista Ramón, un nome fittizio; è il 1980 e il mercato della droga impazza, i cartelli di Medellin e Cali si fanno la guerra e la cocaina colombiana viene esportata via Messico in tutto il mondo. Prima di arrivare in Messico questa droga deve però passare da alcune strade: su una di queste vive Ramón con suo padre, sua madre, e altri sei tra fratelli e sorelle.

I narcos non vanno tanto per il sottile e obbligano la gente che vive sulle “strade della droga” ad andare via; queste persone per l’opinione pubblica diventeranno “gli sfollati”, ad oggi sono 4 milioni che per colpa dei narcos e della guerriglia hanno dovuto lasciare la propria casa talvolta pagando una ribellione con la vita. Questo numero di sfollati è secondo solo alla guerra in Sud Sudan.

Il padre di Ramón è sempre stato un uomo fiero, ha una piccola impresa tessile e non ci sta a mollare tutto per colpa di quattro delinquenti, la sua protesta è forte e pubblica: i narcos lo trascinano in mezzo alla strada e, davanti alla sua famiglia e agli altri abitanti del villaggio, gli sparano in testa un primo colpo mentre è in ginocchio e un secondo in faccia mentre giace già morto. Ramón ha 20 anni.

La famiglia si sposta a ovest dalle parti di Cali ma Ramon non riesce a dimenticare quanto è successo: per un po’ di tempo dorme da un suo amico a Bogotà covando il suo desiderio di vendetta e nel sud della capitale, al mercato nero, compra un po’ di armi: una pistola, un kalašnikov e due granate americane, così armato si mette in viaggio verso Villavincencio dove a quanto pare si trova la villa dei narcos che hanno freddato suo padre.

Il destino, però, a volte ci mette davanti a nuovi ostacoli e possibilità, e così, nei pressi di Villavincencio, Ramòn viene bloccato da un commando dell’Ejército de Liberación Nacional, l’ELN, un gruppo di guerriglieri di ispirazione marxista. Ramón racconta la sua storia ma nessuno gli crede, nemmeno un pazzo andrebbe da solo in cerca di assassini e così, pensando sia una spia del governo o dei paramilitari, lo sequestrano.

Tutti i giorni Ramon viene picchiato, torturato ed interrogato, sono 8 i mesi in cui vive in una cella di legno e lamiera con il pavimento in terra battuta, quello che però sorprende tutti è che nonostante le sevizie Ramón continua sempre a dare la stessa versione della storia, lui è un ragazzo a cui hanno ucciso il padre e vorrebbe solo trovare i suoi assassini.

In questo campo di guerriglieri c’è tuttavia una differenza rispetto agli altri: il comandante è una donna e una notte, dopo l’ennesimo interrogatorio, i due fanno l’amore. Da mesi “la Comandante” era affascinata dalla forza di quell’uomo che resisteva così strenuamente; da quella notte d’amore la Comandante ne esce incinta, Ramón viene liberato e diventa uno dei guerriglieri con il soprannome del “loco”, il pazzo, così come lo chiamarono la prima volta che i guerriglieri lo incontrarono. Combatterà al fianco del suo amore e dei sequestratori per 10 anni.

Alla fine degli anni ’90 il gruppo di guerriglieri si smembra, la storia d’amore con la Comandante è ormai finita, allora con molte cicatrici e tanti figli alle spalle El Loco decide di tornare nel suo villaggio di origine ai confini dell’Amazzonia. Ad aspettarlo c’è un drappello di soldati che lo arrestano nuovamente per aver fatto parte di un gruppo di guerriglia, tutti lo sanno ma nessuno può provarlo, per la cronaca lui fu soltanto sequestrato e così dopo poche settimane è di nuovo libero.

Quando incontro Ramón la gente lo chiama ancora con il suo soprannome di guerra, oggi si occupa dello sviluppo turistico e la salvaguardia di alcune delle località indigene nell’Amazzonia colombiana. Dopo numerose bevute ed un paio di pericolose avventure in sua compagnia oltre confine, in Perù, cerco di capire meglio cosa sta succedendo in questo Paese.

Dopo tanti anni di guerra, è in atto oggi un negoziato di pace tra il governo e le FARC, l’ultimo dei gruppi rimasti; i guerriglieri si finanziano con rapimenti (famoso fu quello ai danni di Ingrid Betancourt) e presidiando e controllando alcuni cartelli della droga minori. I paramilitari di destra non esistono più, al loro posto però è nato un gruppo, le Águilas Negras (Aquile Nere) che arrivano in alcuni villaggi “facendo pulizia” con una lista di nomi e giustiziando colpevoli, a loro dire, di reati contro lo Stato.

La Colombia è piena di storie come quella di Ramón e non si fa fatica a capire come García Márquez ne abbia tratto così tanta ispirazione. Malgrado la situazione da dieci anni a questa parte, soprattutto dopo il controverso presidente Uribe, il meraviglioso Paese della Colombia rimane oggetto di una pseudo guerra combattuta a episodi tra criminali, guerriglieri e  governo. In mezzo a questi fuochi ci sono le storie della povera gente, di chi continua a vivere con coraggio, con amore nei tempi di guerra.

Nota dell’autore: per proteggere le fonti di questo articolo nomi e luoghi, che potrebbero collegare e ricondurre al protagonista di questa storia, sono stati omessi o cambiati.
Tutte le foto sono di Angelo Calianno: sono state scattate durante una protesta in Plaza de Bolivar a Bogotà per l’anniversario del massacro al Palazzo di Giustizia. Nel 1985 uno dei gruppi guerriglieri menzionati, il M-19, occupò il Palazzo: il governo, per non scendere a compromessi, decise di bombardare il palazzo uccidendo sia i guerriglieri che gli ostaggi. Alla fine le vittime dichiarate furono 115 ma secondo fonti non ufficiali molte di più.

Angelo Calianno

Giornalista freelance, esperto in Storia - soprattutto quella legata all' influenza islamica nel mondo - negli ultimi 14 anni ha scritto e scrive di conflitti e storie in diversi Stati di Africa, Asia, Medio Oriente e Sud America. Ha pubblicato reportage e racconti in zone devastate dalla guerra, le ultime in ordine di tempo da Afghanistan e Iraq. Una sua mostra fotografica gira l'Italia e l' Europa raccontando le sue storie anche con le immagini.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *