28 Marzo 2024

Costa d’Avorio in bilico sulla giustizia internazionale

Il 20 settembre 2013 i ministri della Costa d’Avorio hanno votato contro l’estradizione alla Corte Penale Internazionale di Simone Gbagbo moglie dell’ex presidente della Repubblica della Costa d’Avorio, accusata di crimini contro l’umanità. Gli stessi ministri hanno respinto il mandato d’arresto della Corte nei confronti della signora Gbagbo assicurando che essa verrà processata in patria.

Nel suo Paese, l’ex First Lady era già stata incriminata per genocidio e crimini economici legati alla guerra civile nella quale piombò il Paese negli anni 2010-2011. Questa notizia riaccende l’attenzione sull’ex presidente Laurent Gbagbo, comparso lo scorso febbraio alla Corte dell’Aja per la formalizzazione dei capi di imputazione a suo carico.

Primo  presidente posto agli arresti dalla CPI, Gbagbo è accusato di crimini contro l’umanità per omicidi e stupri commessi nel periodo relativo al conflitto. Un conflitto che ha provocato la morte di 4.000 persone. In maniera drammatica la Costa d’Avorio è scivolata lentamente in una guerra civile, a seguito delle elezioni elettorali del 28 novembre 2010 quando la vittoria viene assegnata ad Alassane Ouattara ma lo sconfitto Gbagbo decide di non riconoscerla. In tutto il Paese si attivano manifestazioni  di protesta da parte di sostenitori di “entrambi i presidenti”, spaccando letteralmente la Costa d’Avorio in due fazioni.

Katiola nel Nord del Paese dove si verificarono scontri sanguinosi. Foto di Nuccia Decio ©

Nella capitale economica Abidjan, si incontrano incendi e macerie mentre vengono saccheggiati e bruciati negozi ed automobili lungo le strade. Compaiono i primi cadaveri e si impone il coprifuoco. Dopo due settimane, mentre il deposto presidente si ritira nel suo quartier generale, alcuni mezzi blindati, ai suoi ordini, entrano nel quartiere più popoloso della città e a colpi di mortaio uccidono circa 30 persone. È guerra civile. Nonostante il tentativo di mediazione (fallito) delle diplomazie della Francia e dei Paesi Africani e all’impotente presenza delle forze ONU già sul territorio.

Si aggrava la situazione umanitaria e sopraggiunge la paralisi economica. L’ordine pubblico degenera in tutto il Paese da Nord a Sud. Molti cittadini fuggono dalla capitale economica spostandosi soprattutto  nel Sud-Est della Liberia, il Paese maggiormente coinvolto dall’esodo dei civili ivoriani e la fuga dai combattenti. In quest’area la Caritas arriva ad assistere 120.000 persone. Cibo, acqua e generi di prima necessità scarseggiano. Mentre all’inizio erano solo donne e bambini a chiedere ospitalità, arrivano sempre un maggior numero di uomini feriti, anche a colpi di machete. Quando vi giungono sono traumatizzati. Hanno subìto violenze o hanno visto uccidere i familiari.

Dal Nord in fuga verso la Liberia. Foto di Nuccia Decio ©

Le barbarie emergono ben presto: il Comitato Internazionale della Croce Rossa durante un sopralluogo a Duekoue, una città al confine con la Liberia, conta  più di 800 persone uccise. Altre fosse comuni affiorano come fossero pozzi d’acqua soprattutto in prossimità dei campi profughi liberiani. Importanti città portuali, luoghi nevralgici per l’economia nazionale quali San Pedro, vengono conquistate e saccheggiate dalle forze repubblicane di Alassane Ouattara. Si calcola che un milione di perdsone abbia lasciato il Paese in quel periodo entrando a far parte così della “categoria profughi”.

Nell’aprile del 2011 Laurent Gbabo è stato catturato dalle forze francesi e da quelle di Ouattara, a seguito del mandato ONU n.1975. I suoi dirigenti sono quasi tutti in carcere o in esilio. Fra un paio d’anni ci saranno nuove elezioni. La speranza è che chiudano definitivamente quanto avvenuto in quegli anni. Una sorta di test elettorale delle prossime prossime consultazioni si è avuto con le amministrative dell’aprile scorso.

Il Paese vive tuttora in un clima politico-sociale instabile. Praticamente un’economia di sussistenza. Ho visitato più volte la Costa d’Avorio, l’ultima nell’ottobre del 2010. Chi ha sempre accompagnato negli spostamenti all’interno del Paese, Roland Poda, è rimasto vittima di un attacco nella città di Abidjan. Dal 2001 ad oggi continuano i costanti contatti con Padre Dario Dozio, missionario in prima linea da 40 anni nella “sua terra africana”.

9 thoughts on “Costa d’Avorio in bilico sulla giustizia internazionale

  • Complimenti! In Italia più che in molti dei grandi paesi è sempre difficile scrivere un articolo su un paese africano perché il livello di conoscenza dei paesi del continente è molto limitato. L’esempio più illustrativo, che mi viene in mente, di questa poca conoscenza la diede la RAI quando c’è stato il colpo di stato nel 2002. Il Presidente Gbagbo era in visita ufficiale in Italia. In un primo momento la RAI parlò di Costa Rica, poi tutte le edizioni nelle quali trattç lò della Costa d’Avorio, mostrò la Carta mostrò il Gabon.

    Una frase del post mi pone dei problemi di comprensione. Si tratta nella quale è scritto “… Primo presidente posto agli arresti dalla CPI, Gbagbo è accusato di crimini contro l’umanità per presunti omicidi e stupri che sarebbero stati commessi nel periodo relativo al conflitto. Un conflitto che ha provocato la morte di 4.000 persone.” Formulata cosi ho l’impressione che si metta in dubbio il fatto che i crimini di cui è accusato sono stati consumati. Mentre se la sua colpevolezza è da provare, ma il verificarsi dei fatti è stato largamente documentato.

    Infine, vorrei aggiungere che nonostante i numerosi nodi da sciogliere l’economia della Costa d’Avorio si sta raddrizzando. Secondo dati ufficiali, il tasso di sviluppo del PIL è stato nel 2012 è stato il più elevato dell’Africa occidentale con il 9,6 per cento. Questo paese è talmente importante per la nostra regione che quando va bene, i benefici si sentono anche nei paesi della zona CFA. La circolazione monetaria della Costa d’Avorio della moneta comune rappresentava il 40 per cento del totale.

    Brava Nuccia Decio e grazie per il tuo interesse per la nostra regione.

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  • Gent.mo Signor Abdoulaye Bash. Grazie per il suo commento.
    Dovendo citare una sentenza, non ancora espressa, dalla CPI,il condizionale nella scrittura giuridica è d’obbligo. Altra cosa è la considerazione etico-morale, che mi vede a Lei allineato.
    Sono felicissima della ripresa economica, di quella che un tempo veniva definita “la Svizzera d’Afrca”. Le segnalazioni che mi giungono, provengono dal tessuto sociale più debole del Paese, che ancora non sta avvertendo i benefici della ripresa economica.
    La saluto con viva cordialità. Nuccia Decio

    Risposta
  • Siamo stati garantisti oltre i limiti. In effetti le prove portate dinanzi alla CPI sono inequivocabili.
    Ma con questo approfittiamo per sottolineare che le violenze, gli omicidi e gli strupri non furono perpetrati in una sola (e da una sola) direzione. E il numero delle vittime pare proprio che non sia imputabile solo ai sostenitori di Gbagbo. (A questo si riferiva la frase a cui fai riferimento e che comunque per maggiore comprensione di lettura abbiamo provveduto a modificare.
    Anche i “vincitori” hanno le loro responsabilità. E la vendetta e parzialità non possono essere un’arma per governare.
    A questo proposito invito a leggere questo Report di Human Rights Watch. http://www.hrw.org/fr/news/2013/04/03/cote-d-ivoire-des-promesses-de-justice-impartiale-non-tenues

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  • Mi unisco al commento di Abdoulaye Bah nei complimenti per aver affrontato il tema della Costa d’Avorio ma un’altra frase “mi pone problemi di
    comprensione”. La Costa la d’Avorio è scivolata lentamente in una guerra civile, a seguito delle elezioni elettorali del 28 novembre 2010
    quando la vittoria viene assegnata ad Alassane Ouattara ma lo sconfitto Gbagbo decide di non riconoscerla.

    Ora francamente sarebbe ora di chiarire un punto fondamentale della vicenda che mai viene presentato all’opinione pubblica europea: la vittoria nella competizione è stata assegnata a Dramane Assane Ouattara dalle armi francesi e non dalle regole del diritto costituzionale ivoriano né internazionale e il presidente Gbagbo non ha “non riconosciuto” la sconfitta o preteso il potere ma semplicemente obbedito alla propria Costituzione.
    Vorrei ripercorrere un attimo i fatti: il 3 dicembre 2010 La Corte Costituzionale Ivoriana – organo competente e inappellabile per la proclamazione dei risultati definitivi delle elezioni
    Presidenziali – proclama vincitore delle elezioni Presidenziali Ivoriane il presidente uscente Laurent Gbagbo.
    La Sentenza comprende l’annullamento dei risultati di 7 circoscrizioni del NORD per evidenti brogli (brogli dei quali risultano tracce e segnalazioni in
    tutti i rapporti degli osservatori indipendenti dispiegati dalle organizzazione internazionali).
    Nelle stesse ore il presidente della CEI ( commissione elettorale indipendente) organo che aveva la competenza per una proclamazione dei risultati
    provvisoria e che aveva concluso poco prima i suoi lavori riconoscendo l’impossibilità di proclamare un risultato per le contestazione dei voti nelle sezioni
    – in una conferenza stampa al di fuori di ogni luogo istituzionale – nell’albergo sede dell’opposizione di Ouattara alla presenza degli ambasciatori USA e
    Francese ma senza nessun membro della commissione o altre istituzioni ivoriane – senza una decisione della sua commissione annuncia la vittoria di Ouattara
    alla stampa del mondo (esclusa quella ivoriana!!!)

    Questo annuncio pubblico senza alcuna base giuridica viene immediatamente certificato dalle autorità internazionali.
    In realtà non solo non si tratta di una certificazione di un processo legale ma di una proclamazione alternativa e sovversiva dell’ iter costituzionale
    ivoriano ma è anche ottenuta senza seguire le procedure previste dalla stessa commissione internazionale ( come ad esempio la consultazione delle
    organizzazione delle società civile…)

    Di più la comunità internazionale venendo dietro agli interessi francesi ha rifiutato ogni soluzione alternativa proposta come ad esempio il riconteggio (
    come avveniva ad Haiti negli stessi giorni) o la ripetizione delle elezioni ma ha spinto per la violenza.
    Violenza che come HWR e Amnesty hanno rilevato cui sono state su entrambi i fronti (anche se con la punta di violenza si è raggiunta sicuramente a Duekoue
    – su cui la responsabilità delle forze di Ouattara e Soro è inequivocabile e anche in alcuni quartieri di Abidjan dove era attivo il cosidetto comando
    Invisibile un commando pure in combutta con Ouattara) e io aggiungerei anche da parte dei soldati francesi.
    Ora per il fatto Gbagbo alla CPI vorrei comunque ricordare non solo per essere garantisti che la camera preliminare della CPI il 3 giugno scorso ha riconosciuto che il procuratore generale Ocampo (oltre a non avere indagato in tutte le direzioni come richiesto ma focalizzandosi sulla parte Gbagbo ) non
    sarebbero sufficienti per procedere “la Chambre estime que, dans l’ensemble, les éléments de preuve présentés par l’Accusation, bien qu’apparemment insuffisants,
    ne semblent pas manquer de pertinence et de valeur probante au point qu’elle n’aurait d’autre choix que de refuser de confirmer les charges”
    pag 9 Analisi e oltre
    sembra quindi che anche l’affermazione qua sopra di Abdoulaye Bah mi debba muovere un po’ di problemi… per tacere dei risultati economici raggiunti in questi mesi.

    Vorrei invece sottolineare che sotto Ouattara la Costa d’Avorio ha compiuto un passo indietro di 10 anni sulla strada della democrazia e che la decapitazione di un’intera classe politica rende ad ora impensabile ogni idea di riappacificazione.

    Risposta
  • Luca Monducci, per favore non entriamo nella diatribe tra gli ivoriani! Purtroppo, l’uso della giustizia secondo il volere di chi detiene il potere è un fatto reale in molti paesi dell’Africa. Dopo le elezioni, la TV ivoriana ha mostrato un militante di Gbagbo prendere i fogli che il Presidente della CENI si accingeva a leggere per dare i risultati per strapparli davanti a tutti i telespettatori? Se si, Lei si è chiesto perché ha compiuto questo gesto che è stato dell’inasprirsi il conflitto? Del resto il conflitto è iniziato ben prima della morte di Houphouet-Boigny, il primo presidente.

    Sono d’accordo con AI e HRW che durante la guerra, crimini efferati al punto da essere considerati come contro l’umanità sono stati commessi da entrambe le parti. Nell’ultimo No di Jeune Afrique vengono presentati i signori della guerra e come si sono sistemati nelle strutture dello stato. Per me ciascuno di loro dovrebbe essere tradotti davanti alla Giustizia.

    I dati sui tassi di ricovero dell’economia della Costa d’Avorio non sono miei, ma della Banca mondiale. Del resto si sa come, qualche volta, un paese che esca da una guerra civile possa riprendere il suo cammino ad un ritmo più spedito. Quanto avviene nel caso della Costa d’Avorio si registra anche nelle vicine Liberia e Sierra-Leone. Purtroppo, non sempre tassi elevati di sviluppo coincidono con un miglioramento generale delle condizioni di vita delle popolazioni.

    Nel caso della pronuncia della CPI, è vero quanto dice. Tuttavia se non lo hanno liberati il procuratore deve avere delle ragioni riconosciute valide dal tribunale giudicante. Altrimenti, lo avrebbero già liberato.

    Abbiamo il vantaggio di non essere direttamente coinvolti, usiamolo per aiutare i nostri amici della Costa d’Avorio a parlarsi e ad imboccare la via di una sincera riconciliazione, non gettando olio sul fuoco.

    Risposta
  • Caro Abdoulaye Bah
    non vorrei che questo fosse un dialogo a due ma non posso evitare di replicare
    Non si tratta di entrare in diatribe private ma di cercare di correggere l’informazione passata in Europa sulla Costa d’Avorio proprio perchè la scarsa conoscenza del quadro – proprio come lei diceva nel suo primo intervento ha consentito che la verità – la prima vittima di ogni guerra – fosse piegata agli interessi francesi.
    Allora ribadisco il punto centrale del mio intervento:
    Laurent Gbagbo è stato proclamato Presidente con un atto giuridicamente corretto Alassane Dramane Ouattara NO.
    E questo punto centrale è giuridicamente inoppugnabile e sarei lieto di avere il tempo di dimostrarlo.

    Conosco molto bene il perchè del gesto di Picasse membro della CEI e so che è stato presentato e rappresentato come il gesto di un violento che strappa i risultati ufficiali.Si tratta invece di un comunicato provvisorio che non aveva sottoscritto in merito ai brogli registrati in alcune sezioni comunicato con cui il presidente della CEI aveva intenzione di includere nel conteggio tali sezioni arrivando a una proclamazione provvisoria per poi passare la palla alla Corte Costituzionale.
    Ma ovviamente non è stato questo gesto a inasprire la situazione.
    Le faccio io una domanda
    a Lei pare normale che un presidente di una Commissione Elettorale (la CEI) prenda da solo una decisione finale di proclamazione dei risultati -di competenza di una Commissione appunto – e l’annunci in una sede non istituzionale non propria senza i membri della commissione?
    a Lei pare normale che una commissione di certificazione internazionale prenda questi falsi risultati come validi senza considerare il pronunciamento definitivo della istanza competente?
    Non le pare che una azione di certificazione debba appunto verificare la validità dell’iter e convalidare o meno e non fare una proclamazione alternativa?
    Non le sembra che il conflitto sia stato esasperato da questo fatto gravissimo? E che le responsabilità siano della Francia che più che il ruolo di arbitro si è attribuito il compito di dire che gli africani non hanno una maturità politica e la capacità di scegliersi un Presidente secondo le loro regole?

    Grazie per il cenno di inquadramento storico che retrodata l’inizio del conflitto ma anche qui c’è da precisare
    nel periodo pre- 2000 cioe’ ai tempi del monopartitismo e del governo autocratico di Houphouet-Boigny si trattava di una lotta per l’affermazione del pluripartitismo in cui lei vorrà concedere di ricordare che Gbagbo è stato in prima linea pagandone le conseguenze.

    Le radici dell’attuale conflitto sono il 2002 e le ragioni? Sono di pura ragione economica la Francia non gradisce di essere messa in un angolo nella sua ex Colonia, la finanza internazionale non gradisce un presidente Africano che non incrementa il debito e che vuole portare il suo paese fuori dal Franco CFA.

    Per la vicenda CPI appunto io vedrei bene un giudizio su Sarkozy !!!
    Comunque le ragioni esplicite della corte le puo leggere lei stesso per me il solo senso è quello di privare la Costa d’Avorio di una componente politica senza la quale la riconciliazione di cui lei parla è del tutto improponibile.

    Risposta
  • L’araticolo che leggo purtroppo fa riferimento alle verità di agenzia e non alle verità di terreno. Qui di seguito le propongo in sintesi la mia testimonianza relativamente alla crisi ivoriana, vista e vissuta sulla mia pelle. E’ chiaro che in parte devo semplificare la realtà per non essere veramente tedioso, quindi alcune sfumature si perdono.

    LA RIMGRAZIO PER LA POSSIBLITA’ DI REPLICA E DEL CONTRADDITORIO CHE PERMETTE

    Come molti paesi africani la Costa d’Avorio ha ottenuto l’indipendenza nel 1960 senza che si arrivasse ad un vero e proprio conflitto. La politica coloniale francese in quegli anni guidò i paesi verso una transizione prima che gli equilibri del colonialismo degenerassero definitivamente. Gli stati della France Afrique furono in qualche modo chiamati a scegliere se continuare a rimanere nella “Communauté française” (ex. Impero coloniale francese, sancito formalmente nella Costituzione francese) o chiedere l’indipendenza.
    Tutti i popoli optarono per l’indipendenza, anche se in più casi, come per la Costa d’Avorio, le pressioni francesi per una differente scelta furono sensibili, soprattutto in capo ai rappresentanti politici nativi.
    La concessione di indipendenza avvenne con la firma dei cosiddetti “Trattati di cooperazione”, accordi che imponevano molteplici clausole vessatorie, quali il controllo della moneta e il monopolio in import ed in export del commercio da parte di Parigi. La Costa d’Avorio già allora era il paese più prospero ed infrastrutturato, da cui proveniva più del 40% dell’esportazione totale dell’Africa Occidentale. Divenne Presidente l’ex sindacalista ivoriano e poi parlamentare di Francia Félix Houphouët-Boigny, il quale governò sino al 1993. Il suo governo si caratterizzò certamente per l’indiscussa soggezione agli interessi francesi, ma anche per un’illuminata attenzione alla scolarizzazione, sia di base che universitaria. Non entro nel merito del suo complesso ruolo, ciò che ritengo importante segnalare è che durante gli anni della sua presidenza venne seguita con attenzione e finanziata un’ottima politica di istruzione che ben presto fece degli Ivoriani e della Costa d’Avorio un punto di riferimento intellettuale nell’intera regione. I più importanti licei e le più importanti e prestigiose Università dell’Africa Occidentale francofona si trovavano in Costa d’Avorio.
    A partire dal 1982 un movimento civile guidato dal Professore di storia e filosofia Laurent Gbagbo cominciò a lottare per una maggiore libertà di espressione, maggiori garanzie costituzionali di partecipazione politica ed in particolare il multipartitismo. Laurent Gbagbo dedicò le sue forze e la sua vita a questa rivendicazione progressista e democratica, adottando sempre il metodo non violento, il dialogo e la protesta dialettica. Pagò le sue idee e la sua attività con dolorosi periodi di detenzione e con l’esilio. In poco più di 10 anni le sue idee furono fatte proprie dalla grande maggioranza della popolazione e dalla classe intellettuale ivoriana. Ciò che fece e fa oggi la differenza è che Laurent Gbagbo non era un visionario isolato, ma un’intellettuale affiancato ed ascoltato da un’intera classe dirigente ed una popolazione istruita e preparata ai temi da lui trattati. Le più importanti contestazioni che la popolazione ivoriana in alcuni casi fece inizialmente a Gbagbo provenivano dalla generazione precedente alla sua, che vedeva come maleducazione il suo opporsi al Presidente Boigny, figura vissuta come un padre a cui essere riconoscenti e devoti.
    Dopo la morte del vecchio Presidente Félix Houphouët-Boigny la Costa d’Avorio attraversò un periodo di maggiore instabilità politica. Invero già verso la fine della sua vita il Presidente Boigny divenne maggiormente insofferente al giogo francese e per ovviare a ciò la Francia impose la nomina di un primo ministro di proprio gradimento. All’epoca lo Stato francese tentò anche di corrompere l’oppositore Laurent Gagbo al fine di convincerlo ad essere parte di un complotto che doveva portare all’attentato del Presidente e alla sua ascesa al potere, per sostituire colui che non garantiva più in modo supino gli interessi di Francia e delle sue corporazioni economiche.
    Nulla di nuovo, importanti ed illuminati uomini africani vennero uccisi con la medesima logica, basti pensare a quanto accadde a Patrice Emery Lumumba, Ahmed Sékou Touré, Kwame N’Krumah e Thomas Sankara. Anche il mai dimenticato Dag hammarciold, segretario delle Nazioni Unite dallo spirito riflessivo e dall’animo indipendente, perse la vita in Africa schiacciato da ingranaggi mossi dalle logiche del predominio e dell’accaparramento delle risorse (Il dibattito sulla sua morte invero non si è mai sopito, ma indubbiamente la sua era una voce indipendente ed alquanto scomoda che si levava in difesa di alcune rivendicazioni della nascente Repubblica Democratica del Congo). Purtroppo l’Africa ha la sfortuna di essere un continente straordinariamente ricco di materie prime strategiche, popolato da culture decisamente poco offensive dal punto di vista dei mezzi e della cultura, mai rappresentate in maniera significativa al tavolo delle Nazioni.
    Tornando al Prof. Gbagbo, egli non accettò l’offerta francese in ragione dei suoi principi morali, etici e confessionali e continuò per alcuni anni il suo dignitoso esilio.
    Dopo alterne e tormentate vicende però, inaspettatamente, per lo meno per le cancellerie europee, nel 2000 le elezioni Presidenziali videro la vittoria proprio di Gbagbo. Non fu certo una buona notizia per la Francia in quanto il programma politico del professore aveva tra i suoi punti programmatici il disconoscimento dei “Trattati di cooperazione”, ovvero l’avvio di una politica di liberalizzazione dei mercati in import ed in export, la rivendicazione di un’indipendenza reale e l’autonomia nella gestione dei rapporti internazionali. Chiaramente in contrasto con gli interessi monopolistici francesi, ma ben allineato agli interessi reali della popolazione ivoriana.
    Immediatamente la macchina del potere economico e politico francese si mise in moto per porre rimedio al problema. Si susseguirono così attentati, tentativi di delegittimazione e finanziamenti trasversali di gruppi armati. Nel 2002 i finanziamenti francesi furono alla base della nascita di una ribellione armata al nord del paese che nel 2004 portò all’invasione del Costa d’Avorio da parte di gruppi mercenari. Ciò che venne chiamata ribellione non è un movimento partigiano che lotta per un ideale di civiltà o di organizzazione sociale, ma milizie prezzolate in modo indiretto ed a volte diretto dai poteri e dagli interessi di Francia o dalle corporazioni economiche francesi. A dimostrazione di quanto dico, oltre a filmati, foto, dichiarazioni pubbliche, basterebbe vedere che tra i luogotenenti della ribellione si contano perlopiù analfabeti o semi analfabeti, arruolati dalle più disperate periferie delle città africane dei paesi limitrofi; l’intellighenzia non ha mai preso parte alla ribellione. Ad ulteriore dimostrazione basterebbe evidenziare che la popolazione iniziò subito a rifugiarsi a sud, nelle aree controllate dal governo Gbagbo, e mai verso nord dove i ribelli cominciarono a compiere ignominiosi gesti di violenza sui civili e soprattutto sulle donne (come sempre…).
    Dopo il 2004 iniziò la commedia dei trattati di pace, dove alle conferenze internazionali, coordinate dalla Francia, vennero imposte numerose clausole vessatorie nei confronti dello Stato Ivoriano che ebbero l’effetto di impedire il realizzarsi del programma politico di indipendenza e liberalizzazione economica dei mercati. Fu imposta la nomina a primo ministro di un esponente di spicco della ribellione, fu imposta l’amnistia di tutti i ribelli, senza imporre il loro automatico e conseguente disarmo, si spinse per indire nuove elezioni presidenziali. Si impose la costituzione di una Commissione Elettorale “Indipendente”, dove in realtà non vi era una rappresentanza democraticamente equilibrata, ma la quasi totalità dei membri era reclutato dalle fila della ribellione o vi prendevano parte soggetti in chiaro conflitto di interessi. In fine si chiese allo Stato Ivoriano di arruolare nell’esercito regolare e nella polizia le milizie ribelli.
    Nel 2010 la pressione francese portò all’indizione delle elezioni in uno stato dove più di metà del territorio viveva sotto il ricatto armato dei ribelli e lo stato di diritto non era garantito. Nel nord del paese le elezioni si svolsero in modo illegittimo, numerosi brogli furono compiuto dai ribelli ed alla popolazione civile fu impedito di esprimere liberamente il proprio voto. Tutto ciò venne denunciato da numerose organizzazioni di osservatori, riconosciute ufficialmente, compresa la FIDHOP. Ciò non bastò però a piegare completamente il desiderio popolare di difendere la dignità delle proprie istituzioni.
    Al termine del secondo turno di voto, nel momento in cui si aspettava il pronunciamento del Consiglio Costituzionale circa i risultati, gli Ambasciatori di Francia e degli Stati Uniti, forzarono il presidente della Commissione Elettorale Indipendente a rilasciare una dichiarazione davanti alla TV francese FR 24, dove lo stesso dichiarò che l’espressione di voto era a favore di Alassane Ouattara Dramane. Tale dichiarazione è illegittima ed impropria, solo il Consiglio Costituzionale è legittimato a dichiarare il vincitore della competizione elettorale, visti e valutati i differenti ricorsi di voto e visionati i registri, come in tutti i paesi democratici. Però inusitatamente la Francia e la Comunità internazionale, compresa l’Unione Europea, riconobbero immediatamente Ouattara Alassane Dramane come nuovo Presidente. (Per essere più precisi bisogna riconoscere che alcuni stati non lo fecero, come il Brasile o la Russia). Mai io mi chiedo, da quando la vittoria in una competizione elettorale è sancita sulla base di una dichiarazione espressa unicamente davanti ad una TV estera e pronunciata da chi non è titolato a farlo?
    A distanza di qualche giorno il Consiglio Costituzionale, visionati velocemente gli incartamenti e valutati i brogli più lampanti, da atto al contrario della vittoria elettorale di Laurent Gbagbo e lo proclama Presidente.
    La Comunità internazionale però continua a riconosce come Presidente Alassane, rifiuta la disponibilità delle istituzioni ivoriane ad impegnarsi in un riconteggio dei voti o la costituzione di una commissione internazionale di verifica dei dati elettorali, mette in atto un embargo internazionale (che comprende persino i medicinali!), congela i fondi Statali presso al BCEAO e stigmatizza il neo eletto Presidente. Non ottenendo comunque la capitolazione, l’11 Aprile 2011 l’aeronautica francese bombarda Abidjan, arresta il Presidente Gbagbo consegnandolo alle milizie ribelli e impone l’instaurarsi del governo Alassane. Contemporaneamente le milizie ribelli cominciano un rastrellamento sistematico da nord a sud, compiendo stragi inaudite e militarizzando uno stato tradizionalmente pacifico e timoroso della violenza.
    La Francia si è indubbiamente esposta in questa vicenda, più di quanto consueto, per quale ragione? Certamente non è indifferente il fatto che proprio nel 2010 scadevano i già nominati “Trattati di cooperazione” ed era indispensabile avere un presidente compiacente per ratificarne di nuovi o semplicemente prorogarli. Certamente non è indifferente il fatto che il prestito straordinario fatto dal Presidente Boigny alla banca vaticana (per coprire le spese legate al fallimento del Banco Ambrosiano) ed in qualche modo sottratto al controllo del tesoro francese era scaduto e serviva un presidente compiacente per rigirarlo alle casse di Stato francesi (cosa che comunque non si è sino ad ora realizzata). Certamente alcuni conflitti di interesse di importanti uomini politici francesi negli affari Ivoriani hanno influito negativamente circa la legalità delle posizioni da loro assunte (mi riferisco tra gli altri al Presidente Sarkozy).
    Qualche mese dopo Gbagbo viene tradotto alla Corte Penale Internazionale con l’accusa di crimini contro l’Umanità. Proprio lui il professore di filosofia che quando la situazione cominciò a precipitare ordinò all’esercito regolare di lasciare il passo, per evitare un bagno di sangue. Ordine che quasi ovunque fu seguito ma che costò la vita a molti soldati che diligentemente si trovarono in una posizione veramente difficile da sostenere.

    Oggi il Popolo ivoriano vive un martirio insopportabile e inaccettabile che dal 2010 non conosce giustizia. Il Paese dell’ospitalità e della pace, come il suo cammino nella storia ha dimostrato, oggi è umiliato e sfigurato in conseguenza del fatto che bassi interessi di supremazia economica, imposta con la forza, hanno vinto sulla democrazia e sui principi dell’equo scambio, ovvero sull’alto anelito della Comunità ivoriana a vivere una vita di pace e dignitosa elevazione.
    Gli interessi economici francesi, violando le più basilari regole del diritto internazionale, hanno forzato le leggi democratiche ivoriane ed hanno imposto allo scranno più alto un tiranno sanguinario e privo di scrupoli morali, per altro anche a danno delle imprese italiane che avevano iniziato importanti e vantaggiosi rapporti commerciali con la Costa d’Avorio, in seguito alle prime liberalizzazioni. Quest’uomo, Alassane Dramane Ouatarà, si è permesso di incarcerare, assassinare ed avvelenare i più ispirati intellettuali della Costa d’Avorio, che non hanno avuto la grazia di fuggire. Lo stesso ha chiuso le Università e ridotto ai minimi termini gli istituti scolastici, ha seminato la divisione sociale, ha incoraggiato la persecuzione etnica e l’intolleranza religiosa. Ouattara Dramane Alassane ha cercato consenso politico esasperando le fisiologiche differenze culturali e sociali presenti in ogni paese.
    Outtara Dramane Alassane sta affamando un’intera Nazione, ha smantellato lo stato sociale e dissolto ogni segno di stato di diritto; ha nominato unilateralmente governatori, sindaci, dirigenti militari ed amministratori e più recentemente ha fatto in modo di governare lo stato “per Procura”, formalizzando la sua aspirazione di dittatore, attivando in maniera impropria ed illegittima una procedura prevista dalla Costituzione solo per gravissimi motivi di sicurezza nazionale.

    Contemporaneamente presso al CPI si sta tenendo un processo storico che vede alla sbarra Laurent Gbagbo accusato di crimini contro l’Umanità, ma a noi sembra che alla sbarra ci sia la rivendicazione legittima di indipendenza e di dignità di un Popolo. Il processo è principiato con molte illegittimità e violazioni del diritto e delle procedure, sia nei termini dell’incriminazione che della traduzione del condannato presso l’Aia. Una coalizione trasversale di ivoriani si sono battuti e si stanno battendo per assicurare una difesa processuale adeguata e molte manifestazioni si sono tenute davanti alla sede del tribunale. Il nostro timore e che il giudizio della Corte venga falsato dalle pressioni francesi o da conflitti di interesse di vario genere, in quanto l’attenzione pubblica è in buona parte assente.
    Su internet molte sedute del processo sono visibili e guardandole è possibile constatare quanto sia imbarazzante la situazione, irreali le accuse, per altro mal esposte e fondate su prove false, e quanto al contrario sia elevata e dignitosa la posizione di Gbagbo.
    La verità è che lo status quo in Africa è assurdamente ingiusto, rivolta le coscienze. Ogni tentativo autogeno di rivendicazione di indipendenza e dignità viene piegato con violenza, contravvenendo ad ogni diritto, in nome di logiche che hanno la loro origine in Europa o negli Sati Uniti d’America, però contemporaneamente ci viene veicolata l’immagine di un Occidente caritatevole e amorevole che adotta gli orfani e imbocca gli affamati (peccato che prima in qualche modo ha provocato la morte dei genitori dei medesimi bambini). Le logiche occidentali danno forza e risorse a sistemi di potere vantaggiosi per i propri interessi, ma malavitosi nella sostanza, senza porsi limiti morali circa le conseguenze indegne che vengono provocate collateralmente.

    Da un certo punto di vista fortunatamente per le nostre coscienze l’Italia è fuori da queste logiche e non partecipa ai soprusi di cui parlo. Meriterebbe però a mio avviso che si dedicasse più attenzione a tali scenari, per lo meno quando si va a ratificare posizioni comuni in sede europea. Sarei molto fiero di vedere un Italia capace di assumere posizioni critiche e sagge come sta accadendo per il caso Siriano.

    La ringrazio della paziente attenzione accordatami.
    Dott. Antonio Aschieri
    Segretario Generale FIDHOP Italia

    Risposta
  • Durante la crisi post elettorale (dal 28 novembre 2010 all’11 aprile 2011), si sono verificati degli omicidi e dei soprusi, principalmente dovuti agli scontri tra sostenitori di Alassane Dramane Ouattara e di Laurent Gbagbo però non possiamo attribuire direttamente la responsabilità ai due uomini politici, perché nessuno è in grado di affermare che siano stati loro ad aver ordinato i contrasti. A parere mio, bisognerebbe quando dei civili intendono protestare sia a nome proprio che un per un loro mentor, evitare di scendere nelle piazze compiendo atti di vandalismo e di violenza. Ci sono altri modi per richiedere giustizia e legalità senza lo scontro fisico e senza causare danni a cose e persone.
    Per quanto io so, la sicurezza in una nazione rientra nelle competenze del Presidente in carico ed era legittimo che le forze dell’ordine, sotto la direzione di Gbagbo controllassero le città e gli eventuali nascondigli di armi, per garantire la protezione delle persone e dei beni. Ricordo che secondo la Corte Costituzionale, il vincitore della consultazione elettorale era Gbagbo e di conseguenza era nelle sue prerogative la difesa della sovranità e del territorio e per far ciò, era necessario il dispiegamento della polizia, della gendarmeria e dell’esercito allo scopo di tutelare i cittadini, ma purtroppo ci furono delle contese con alcuni sostenitori di Ouattara. Una cosa è certa, le forze dell’ordine, in tutte le nazioni (non solamente in Costa d’Avorio) hanno il dovere di invitare la cittadinanza al rispetto delle regole!
    L’ex Presidente è detenuto nei carceri olandesi perché ritenuto colpevole dei crimini avvenuti durante la crisi post elettorale (dal 28 novembre 2010 all’11 aprile 2011), ma perché né Ouattara né Guillaume Soro (attuale Presidente de l’Assemblea nazionale) vengono, a loro volta interpellati dalla Corte Penale Internazionale, visto che invitarono i loro sostenitori ad insorgere, affrontando le forze dell’ordine, con le relative conseguenze che ne seguirono? Non solo, durante il tentativo di colpo di stato del 19 settembre 2002, i loro ribelli armati fecero più di tremila vittime tra morti e sparizioni… Perché i riflettori vengono solamente accesi sui danni commessi dai sostenitori di Gbagbo? INOLTRE SAREBBE OPPORTUNO, PORTARE AL TRIBUNALE DELL’AIA, OLTRE A OUATTARA E SORO, I MANDANTI DEL TENTATIVO DI COLPO DI STATO AI DANNI DI GBAGBO IN QUEL FAMIGERATO 19 SETTEMBRE 2002. IN EFFETTI, CHI SONO QUESTI SIGNORI CHE HANNO FORNITO AI RIBELLI UN ARMAMENTO E UN EQUIPAGGIAMENTO LOGISTICO SUPERIORI A QUELLO DELL’ESERCITO REGOLARE IVORIANO?
    Per quanto riguarda il raddrizzamento dell’economia ivoriana, se si sta verificando è cosa buona, però bisogna riconoscere che il Presidente Gbagbo non ha avuto la possibilità di lavorare in santa pace: due anni dopo il suo accesso al potere (in seguito alle elezioni presidenziali di ottobre 2000), è stato vittima di un tentativo di colpo di stato e di conseguenza non ha potuto attuare i punti del suo programma: la Rifondazione. La nazione di fatto rimase divisa in due! Perciò non possiamo sapere se avrebbe potuto fare meglio di Ouattara!
    Una cosa certa è che la Rifondazione prevedeva:
    -la scuola obbligatoria e gratuita (nel 2001 i manuali scolastici furono distribuiti ai bambini della prima elementare, nel 2002 anche a quelli della seconda elementare; il provvedimento fu sospeso in quanto queste risorse finanziarie furono destinate ad armare l’esercito per fronteggiare la ribellione armata del 19 settembre 2002)
    -l’assistenza sanitaria di base accessibile a tutti,
    -la liberalizzazione delle filiere caffè-cacao per dare la possibilità agli agricoltori e ai contadini di poter vendere direttamente i loro prodotti, senza intermediari. E ciò avrebbe portato maggiori introiti a una delle categorie sociali più deboli.
    In ogni caso, stando a quanto mi riferiscono i miei connazionali rimasti in Costa d’Avorio, le fasce più deboli del tessuto sociale non percepiscono almeno per ora i benefici del raddrizzamento ad opera di Ouattara.
    Le prove portate davanti alla Corte penale saranno pur inequivocabili…però non credo sia stato Laurent Gbagbo ad aver invitato le forze dell’ordine a commettere atti di brutalità contro i civili, benché potrebbe essere doveroso da parte di qualsiasi governo proteggere i simboli del potere della Repubblica: palazzo presidenziale, basi militari, radio, tv ecc… Quando la residenza bunker che ospitava Gbagbo fu bombardato dalle forze francesi e che egli fu arrestato dai pro Ouattara, furono rinviate casse di armi e munizioni mai aperti e quindi mai usate… Chissà perché l’ex Presidente non ne fece uso? Credo sia stata la sua grande fede cristiana ad avergli impedito di far spargere il sangue dei suoi simili.
    Per quanto riguarda la detenzione di Gbgabo, credo che sarebbe giusto considerare la possibilità di metterlo agli arresti domiciliari visto che tutt’ora la CPI non riesce a dimostrare la sua diretta implicazione nei crimini avvenuti. Ci sono tanti Stati africani pronti ad accoglierlo e quindi penso che una personalità conosciutissima come egli lo è non potrebbe svanire nel nulla! Perciò si potrebbe tranquillamente farlo ospitare dove si ritiene giusto e convocarlo tutte le volte in cui ci saranno le udienze.
    Non vorrei che l’uomo politico venisse mantenuto nelle carceri olandesi per dare la possibilità a Ouattara di finire il suo mandato. In ogni caso, non credo che sia nell’intenzione di Gbagbo tornare al potere con l’uso della forza visto che, per tutta la sua vita ha prediletto la via della democrazia e del consenso tramite modi pacifici e non con l’uso delle armi. E poi, non credo che abbia i mezzi sia economici sia logistici per poter aspirare ad un colpo di stato, perciò potrebbe essere opportuno assegnarlo agli arresti domiciliari, in uno Stato diverso dalla Costa d’Avorio.
    Infine vorrei soffermarmi su alcuni punti che potrebbero aiutare ad avere un quadro generale della situazione perché occorre conoscere il passato per parlare del presente:
    -Durante il colpo di settembre 2002, i ribelli di Ouattara (autoctoni e ivoriani provenienti del nord del Paese) si giustificarono sostenendo di essere vittimi di esclusione però va ricordato che si cominciò a parlare di xenofobia quando Ouattara (dal 1990 al 1993 allora Primo Ministro di Félix Houphouet Boigny) instaurò il possesso del documento più inviso alle comunità straniere: la “carta di soggiorno”. Oltre ad essere una tassa indiretta (che doveva essere pagata) rappresentava al contempo il documento d’identità; la carte de séjour ha generato, negli anni novanta, forme di discriminazione in un Paese in cui quasi un terzo della popolazione è considerato di “origine straniera”.
    – Per quanto riguarda l’impossibilità di Ouattara a candidarsi, non è stata opera di Gbagbo, ma fu dapprima Bedié (oggi alleato con Ouattara nel Rassemblement des Houphouetistes pour la Paix -RHDP) nel 1995, mentre assicurava l’interim di Presidente della Repubblica, dopo la morte di Boigny ad opporsi e nel 2000, il Presidente della Corte Costituzionale, un uomo vicino al Generale Guei (autore del colpo di Stato che spodestò Bedié) a respingere il dossier di Ouattara, per non comprovata cittadinanza ivoriana! Vi dirò di più, fu Gbagbo, in un atto di generosità e di patriottismo, dopo la sua elezione nell’ottobre 2000, a far annullare il mandato di arresto internazionale che Bédié aveva lanciato contro Ouattara per usurpazione della cittadinanza ivoriana e di conseguenza ad invitarlo a rientrare in Costa d’Avorio!
    -Ed è sempre stato Gbagbo, su proposta dei ribelli (durante gli accordi di Linas-Marcoussis, gennaio 2003) a far candidare Ouattara, ad aver usato le sue prerogative di Presidente della Repubblica per permettere a tutti i postulanti che, nel caso non adempissero alle condizioni richieste, di poter essere ammessi dalla Corte Costituzionale. Tra questi Alassane Ouattara, che fino ad ora, non è riuscito a dimostrare la cittadinanza ivoriana di ambedue i genitori, condizione che preclude l’accesso alla carica di capo dello stato. Approfitto dell’occasione per ricordare che, questa condizione molto critica, soprattutto dai cittadini stranieri che risiedono in Costa d’Avorio, è in vigore in numerose nazioni dell’Africa.
    Una cosa è certa: secondo me, la classe politica francese di allora (Jacques Chirac e il suo governo), le multinazionali francesi ed i poteri forti d’oltralpe non hanno mai avuto simpatia per Gbagbo…e capire il perché sarebbe auspicabile! Forse un giorno lo sapremo, quando Gbagbo scriverà le sue memorie.
    L’astio di Bedie e Ouattara, nei confronti Gbagbo può essere dovuta al fatto che sia l’unico ad aver affrontato apertamente e lealmente Felix Houphouet Boigny, colui, che a loro ha preparato la strada. Gbagbo ha mantenuto fermamente le sue posizioni affinché il multipartitismo venisse instaurato da Boigny, in una realtà dove per 30 anni, il partito dello stesso Boigny (P.D.C.I.) era l’unico autorizzato. Con l’avvento della democrazia nel 1990, la lotta pacifica di Gbagbo durata quasi trent’anni e la sua integrità intellettuale venivano premiate!
    Faccio due esempi di compagni di lotta di Gbagbo che, abbandonando la lotta per l’attuazione della democrazia e la libertà di espressione, si sono messi al servizio di Boigny:
    -Alphonse Djedje Mady (attuale sfidante dell’ormai ottantenne Bedié alla guida del P.D.C.I.), ricompensato nel 1983 da Boigny con la carica di ministro della sanità,
    -Bernard Ehui Koutouan (attuale ambasciatore su nominazione di Ouattara della Costa d’Avorio in Ghana), ricompensato nel 1983 da Boigny con la carica di ministro dell’industria.
    Questo non è una diatribe tra ivoriani, ma sono alcuni elementi degli ultimi sviluppi della vita politico-sociale dell’ex Svizzera dell’Africa e quindi è STORIA!!!
    TONY AKMEL akwaba@email.it

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