18 Aprile 2024

“Stop Enel”: non solo una questione di ecologia

Incontriamo Jorge Hueche Catriquir, il werken, ovvero il portavoce del Parlamento mapuche di Koz Koz, a Bologna, durante la sua visita in Europa che ha scopi ben precisi: la difesa di una terra e della cultura della comunità mapuche in Cile, più precisamente a Panguipulli, Regione dei Fiumi, nome che si giustifica per la gran quantità di fiumi e i sette laghi distribuiti sul territorio. Jorge promuove inoltre la campagna Stop Enel, per un nuovo modello energetico, che fa parte di un’opposizione più ampia nata in Cile per la salvaguardia delle fonti di vita, contro la costruzione di centrali idroelettriche e le infrastrutture collegate, progetti che impongono uno sfruttamento selvaggio delle risorse idriche, seguendo il criterio unico dell’arricchimento di alcune grandi imprese d’energia fra cui l’italiana Enel e l’ex Endesa spagnola, grazie ad accordi unilaterali con il Governo cileno.

Se cerchiamo in Rete “progetti Enel nel mondo”, troveremo 26 progetti Enel attivi in America Latina, proposte di sviluppo locale che, come afferma Hueche, nascono con l’obiettivo di stornare consenso agli abitanti di territori vasti e ricchi in risorse, spesso però insediati su zone decentralizzate rispetto alle politiche di investimento nazionale. Se aggiungiamo a questo la storica oppressione sulle comunità indigene mapuche, troviamo un campo fertile per gli investimenti europei.

Jorge si batte affinché nella sua terra non sia sommerso d’acqua il complesso dei campi sacri. Di ritorno da Bruxelles, l’abbiamo incontrato il 14 maggio scorso a Bologna, come dicevamo.

Qual è il legame delle vostre iniziative con l’Italia e le sue associazioni?
Seguendo il tema della difesa dell’acqua, alla fine del 2010 sono arrivate in visita nella nostra regione alcune ONG italiane, poi sono andate a Santiago e in Patagonia, insieme a Patagonia sin represas [Patagonia senza dighe]. Nel 2011 abbiamo partecipato all’assemblea dei soci Enel a Roma, dove ho esposto i problemi dell’area.

Come si svolge la storia degli interventi energetici in Cile?
Negli anni ’60, la maggior parte delle centrali idroelettriche erano a carico dello Stato cileno, come Endesa Cile, dopo si è iniziato a vendere. A inizi degli anni ’80, la dittatura militare conferisce le acque, privatizzandole, a Endesa Spagna, a quel punto non resta un ruscello d’acqua che non sia di proprietà di Endesa.

Quali sono i progetti energetici che si vogliono realizzare sul vostro territorio?
Entro il 2012 si pretendeva di costruire 10 centrali in totale. Da un lato c’era l’impresa norvegese SN Power, Enel – che a quel tempo era socia di Endesa – infine Endesa con due centrali. Nel 2009 Enel compra da Endesa tutte le concessioni per gli interventi.

Perché vi opponete alla costruzione delle centrali, quali sono i rischi o i danni che avete rilevato?
Sul lago Neltume c’è un campo sacro. Non è solo un campo ma un complesso cerimoniale. In queste cerimonie si discute del futuro delle comunità mapuche, ce ne sono 4. Si dialoga della dimensione fisica e spirituale secondo cui quelle comunità devono trascorrere gli anni a venire. Ogni 1 o 2 anni, si comincia con una cerimonia nel cimitero, dove si invocano gli antenati dalla Comunità Juan Quintumán, i discendenti invocano gli antenati che avevano avuto carichi importanti. Dopo questa cerimonia la gente va a dormire in uno stato di semi-trance in un altro luogo, e qui riceve la predizione di ciò che potrà accadere nel futuro o durante la cerimonia. All’ultimo giorno si fa un’offerta, presso un ossario che è in fondo al lago. Su questo complesso vogliono costruire la centrale.

E prevedete danni di tipo ambientale?
Per noi l’argomento acqua è fondamentale, perché il fiume si prosciugherà; prosciugare un fiume e portarlo nelle tubature non alimenta nient’altro che l’obiettivo finale: una macchina. Siccome un fiume ha il suo stesso sistema di drenaggio, che fluisce verso i lati, sugli alberi, in questo modo non si alimenta nulla, diventa tutto sterile. Noi abbiamo fatto uno studio e ogni pozzanghera d’acqua dopo la pioggia si asciuga più rapidamente, questo acutizza il riscaldamento globale. La sterilizzazione della terra.

http://vimeo.com/20364950

Quali mezzi ha utilizzato Enel per costruire le sue centrali?
Oltre a offrire benefici come pavimentazione, scuole, corsi d’informatica, si usa l’inganno. La cosa peggiore è che molta gente non si sente più come controparte dell’impresa Enel ma come figli dell’impresa, si crea il clientelismo. Sperano che l’impresa offra qualcosa in cambio del loro consenso e copsì si creano conflitti fra le comunità. Hanno la sfacciataggine di offrire le urne e i servizi funerari quando muore qualcuno della comunità.

Si commettono delle violazioni a leggi o a trattati internazionali con questo progetto?
Sì, si tratta anche di una questione legale. Dopo anni, in Cile si è ratificata la legge 169 dell’OIT, relativa alle popolazioni indigene, che tutela il loro diritto di autonomia decisionale su questioni che riguardano i loro territori, ma nel 2009 la presidente Bachelet ha deturpato la legge con il decreto 124, rendendo le consultazioni puro esercizio formale, escludendo dal dovere di consulta gli organi statali riguardo ad atti amministrativi e, nello specifico, agli interventi di capitale straniero in coalizione con lo Stato. Oltre a questo sono stati violati le leggi dell’Unesco sul rispetto della biosfera e dell’Onu sui diritti dei popoli indigeni.

Avete ricevuto risposte dal Parlamento di Bruxelles, qual è stata l’accoglienza europea?
La rete italiana ha avuto un ruolo importante per denunciare i lavori sporchi compiuti da queste imprese nel mondo. A Bruxelles siamo rimasti d’accordo con i parlamentari che nel gennaio 2013 faremo un incontro parallelo a Eurolat, un’assemblea fra l’Unione Europea e Latinoamerica che avrà luogo in Cile. Ana Miranda, deputata del parlamento di Bruxelles, si è impegnata a visitare i territori colpiti e rendere visibile questo mondo e le sue realtà, affinchè possiamo trovare il modo di collaborare fra di noi di fronte alle multinazionali appoggiate dagli Stati. Oggi c’è un giro di vite, perché il sistema è collassato, il sistema neocoloniale, i Governi, i cambi climatici: la gente sta cercando un altro modo di incontrare sé stessa e la natura.

[Questa pubblicata è un ampio stralcio dell’intervista disponibile qui.]

Francisca Rojas

Nata a Santiago del Cile, vive da una ventina d'anni in Italia: mediatrice interculturale, ha conseguito un Dottorato in Traduzione, Interpretazione e Intercultura ed è insegnante presso un istituto di Scuola Superiore.

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